recensioni dischi
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RAI  "Aveva ragione Cobain"
   (2018 )

Rai gioca sul proprio nome attraverso la copertina dell'Ep "Aveva ragione Cobain", uscito il 23 marzo 2018 per New Model Label, che riprende i colori di prova dello schermo in condizione di "no signal". Rai è un polistrumentista dal passato grunge e acustico shoegaze. Con questo lavoro fa l'ingresso un'elettronica dai suoni saturi, specialmente i bassi. La voce alterna melodie a fasi parlate con un recitato dal timbro acido, come nel pezzo d'apertura "La notte del trentuno", dove canta dell'assenza dei buoni propositi di Capodanno, sotto una classica dance. I suoni sintetici diventano stranianti in "Un finale di Nolan", in particolare il riff melodico della tastiera sembra uno dei migliori di Fred Boosta. Pensando alla trottola di ''Inception'', sentiamo dire: "Ho perso il chip che ottimizza il cuore, come quella storia sulla Rai di un sistema instabile che cambia idea". Dalla televisione si passa al web con "quel tutorial su YouTube che parla di noi, che viviamo come in un finale di Nolan". Nonostante il potenziale melodico, Rai insiste ad inserire contenuti sociali anche in questa veste più fruibile. "Bombe" è una canzone politicamente scorretta dall'arrangiamento etereo, dove si ripete l'anafora "Piovono bombe", che a noi non fa impressione perché "Piovono bombe ma non su di me". Il ritornello, quasi come uno sfottò o forse una profezia, canta: "Piovono bombe sui Suv bianchi, piovono bombe sopra i Suv bianchi". Una voce distorta sottolinea altre cose che non sopporta Rai a proposito dell'arroganza di certi automobilisti, che spesso si sentono autorizzati a eludere le regole per via del loro macchinone. "Il diritto eterno di precedenza, il parcheggio sempre in doppia fila, gli abbaglianti per farti spostare, la marmitta truccata, i sedili in finta pelle umana". Ancora suoni più taglienti, da techno ma dai battiti più moderati, per la caustica "Amish". Tra elementi nostalgici generazionali ("Senza un'idea di che cos'era una Crystal Ball") e frasi allucinanti ("C'è spazio nel cesto dei vestiti sporchi?"), c'è una dissociazione tra aspettativa e realtà: "E da grandi non faremo gli eroi senza macchia né fantasia, io pensavo fossi il tuo toyboy, ma sono un amish". I synth bass digitali ancora una volta protagonisti nella ballabile titletrack, che ammonisce: "Presto lo capirai, che sulla chimica aveva ragione Cobain". Per l'occasione, entra una calda chitarra elettrica distorta all'interno dell'arrangiamento. Un senso di sintesi riassume parecchia carne in poche parole: "Festeggeremo coperti d'oro e polveri sottili, il giorno in cui il popolo dei boss non avrà più niente da dire o da distruggere." Infine la traccia più intimista "Lo yeti impacciato" chiude a battiti più lenti, con un delicato arpeggio sintetico che sorregge parole che rincorrono l'onestà: "Insegnami ad essere multitasking e ad accettare i fallimenti (...) sapremo far di meglio noi che ci sentivamo speciali e invece abbiamo solo nostalgia di cose semplici e banali". Sono parole che forse dimostrano un percorso di maturità rispetto ad un classico bisogno adolescenziale di sentirsi a tutti i costi "diversi" dalla massa, quando invece proviamo tutti "sentimenti nazionalpopolari". Fortunatamente però, a fianco a questa crescita interiore, è comunque sopravvissuto lo spirito critico, che tanti altri invece, quando si reputano "adulti", chiudono comodamente nel cassetto, per calcoli di convenienza. L'esigenza di non diventare ipocriti continua a reclamare la sua parte, anche perché, sempre citando l'ultima canzone: "C'è un calcolo che non si risolve mai, e il risultato è sempre lontano da ogni logica". Avanti così allora, manteniamo accesa la mente anche in questa nuova landa digitale! (Gilberto Ongaro)