recensioni dischi
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SUVARI  "Prove per un incendio"
   (2018 )

Luca de Santis, in arte Suvari, pubblica un album synth pop a tratti new wave, intitolato "Prove per un incendio", contenente 9 canzoni dallo stile pressoché uniforme, con arrangiamenti elettronici e voce compressa carica d'aria che canta melodie abbastanza riconoscibili e familiari. I testi gravitano attorno a due poli: il rapporto con gli altri, soprattutto nella ricerca del piacere, e quello introspettivo con i propri fantasmi e i propri problemi, sia astratti che concretissimi. Definitivo il fatto che per un periodo, fortunatamente conclusosi, Suvari ha sofferto di una malattia che lo ha costretto all'immobilità. E alcune frasi, solitamente utilizzate in chiave metaforica, assumono qui una valenza letterale, come in "Per lasciarsi trasportare": "Non mi ricordo più come fare a camminare (...) ci sto prendendo gusto a lasciarmi trasportare". Suvari si rivolge direttamente all'ascoltatore, a un certo punto la cosa si palesa con uno scherzo: prima canta "Magari è il giorno giusto per la mia rassegnazione, ti lascio due secondi per potermi contraddire", e subito dopo c'è effettivamente una breve pausa di silenzio. "Cosmonauta" gioca tra i termini riferiti agli astronauti nello spazio e l'ambiente cittadino e stradale: "Svenduti naufraghi metropolitani (...) esploratori cosmonauti extraurbani". I bpm sono sempre abbastanza veloci, tra l'allegro e il presto. "Per quel che vale" sfoggia alcuni suoni d'arrangiamento vagamente retrò, e tornano i due temi del sé e degli altri: "Mi chiedo se fa bene circondarsi di persone, sentire gli occhi addosso (...) continuiamo a farci male perché un po' ci piace". C'è un breve strumentale di raccordo, "Horror vacui", che a discapito del titolo è vuoto, nel senso che è privo di una melodia trainante, siamo lasciati per l'appunto nel "vuoto" della sola armonia e dei suoni eterei sopra la batteria elettronica minimale, a battiti più moderati rispetto al resto, fungendo da introduzione al brano successivo. "Formiche" riprende la corsa e un altro elemento testuale ricorrente, che c'era anche nel brano d'apertura "Punto Omega" ("Quel che ho fallito è ancora qui"). Si paventa sempre un errore del passato che trascina le conseguenze nel presente, ed anche nel ritornello di questo pezzo sembra che il pensiero sia lo stesso: "Facciamo finta che son solo stato un po' distratto"... "Da qui" termina con una frase ermetica: "Le negazioni che ci proteggevano, ma chiedimi 'tu come stai?'". "Riprendiamoci il caos" è sorretta da un riff orecchiabile di synth lead, ma in generale non ci sono parti strumentali di spicco. Tutti i brani scorrono senza fatica d'ascolto; la musica si limita ad accompagnare la voce, che si presenta chiara come personalità, ma forse Suvari ha ancora bisogno di approfondire di più un suo percorso originale, perché al momento l'elettronica di base così utilizzata risulta gradevole, ma ancora anonima; e le capacità di giocare ai rimandi fra testo e musica ce l'ha. (Gilberto Ongaro)