recensioni dischi
   torna all'elenco


SIMONE COZZETTO  "Wide eyes"
   (2018 )

"Just a gentle breathe will blow and blind your sight". Così Simone Cozzetto, polistrumentista e compositore, fa cantare a delle voci femminili nell'introduzione "Lullaby part I", aperta da una porta che sbatte. Non perdiamo tempo in incipit, che in questo rock sinfonico c'è tanta carne al fuoco. L'album "Wide eyes" è un viaggio onirico, che inizia con l'addormentarsi del protagonista su una ninna nanna, la cui melodia fa riferimento a ''Greensleeves'', per poi svilupparsi diversamente. "Eyes wide open" canta la voce in "Awakening", dove ci risvegliamo nel mondo dei sogni, disorientati. Se il brano inizia con un tema di violino e si sviluppa come un prog rock, con tanto di cori à la "Learning to fly" dei Pink Floyd, invece il finale è lasciato ad un pianoforte solista. "Lost in the night" è invece un brano più dritto e veloce, con tastiere da power metal e refrain vocale esaltante; diciamo che è il pezzo più costruito come una hit rock. E quella voce appartiene a Titta Tani, dal 2014 batterista dei Goblin, mentre le chitarre sono di Kee Marcello degli Europe! "Intermezzo I" sono quaranta secondi di pad sognanti di tastiera avvolgenti e arpeggi lenti di pianoforte, che ci portano all'introduzione zimmeriana di "The void". Caratteristica principale di questo 4/4 sono dei suoni cristallini di tastiera disseminati nell'arrangiamento. Qui il protagonista cerca di uccidere i propri demoni, "Like a winter with this void sleeping in my mind". La voce si carica di enfasi e compare pure un breve assolo di sax. "Can you hear me now?" chiede il coro femminile assieme alla voce principale, nel ritornello. La risposta non arriva, ma arriva "Intermezzo II (Albatros)", aperto da vento e gabbiani. Archi sostengono un tema melanconico di chitarra. La melodia del tema viene in parte ripresa da "The spiral of dust". Quasi tutti i brani sono collegati in un flusso unico, regola d'oro dei concept album. Anche qui il testo è interrogativo, ci sono molti punti di domanda. "Do you believe that's possible to live under the stars?". Stiamo volando nella "mente desertica" del protagonista, con la viola in primo piano, sopra un'atmosfera sospesa che anticipa una ripresa intensa del coro e della voce principale, che ci abbandonerà per tre minuti di due brevi tracce: "Intermezzo III", che è costituito dal ticchettio di un orologio, campane funeste e mosche stereofoniche, e lo strumentale "The Lord of bareness", una digressione eterea di tastiere e chitarra acustica. Poi arriva "The Diamond intro" che è, come dire, la prima drammatica strofa di "The Diamond", aperta da un lead synth... da arrivo dei corsari. La narrazione del viaggio onirico raggiunge qui il climax tra i "segreti della vita", e alla chitarra ritorna Kee Marcello col suo stile ottimista. "The Albatros" è un pezzo moderato, con un arrangiamento che unisce arpeggiatori elettronici a chitarra elettrica pulita con delay e supporto di chitarra acustica. E' uno strumentale davvero raffinato, nella sua semplicità ritmica e armonica, sembra davvero che abbia le ali. Se il climax narrativo sta in "The Diamond'', quello musicale è nella chiusura con "Lullaby part II", una variazione sul tema della parte iniziale, con violino strappalacrime che le strappa davvero, assieme alla chitarra acustica, mentre ci riaddormentiamo... dalla parte del sogno, risvegliandoci così nella realtà con un'altra porta che sbatte. Gli occhi spalancati, i wide eyes, sono quelli che abbiamo adesso da svegli, o erano in realtà quelli da dormiente nell'altra dimensione? Simone Cozzetto, oltre ad aver sovrainciso la maggior parte degli strumenti, ha scritto una vera e propria opera rock senza tempo, che meriterebbe attenzione internazionale. (Gilberto Ongaro)