recensioni dischi
   torna all'elenco


FRANCESCO ANSELMO  "Il gioco della sorte"
   (2018 )

C’è in ballo la delineazione di un volto, un corteggiamento serrato verso una “donna” indefinita e indefinibile, pronta a giocare da Regina per dare scacco alle nostre vite: la sorte. Impalpabile presenza, ma concreta giudice del destino di tutti, è qui configurata, nella title-track, come una capziosa vecchina, col sorriso facile e dalla rapida derisione. Come un pavone, il siciliano Francesco Anselmo, con “Il gioco della sorte”, cerca di sedurla, aprendo un ventaglio di stili colorati e vivaci che ruotano intorno al pop, folk, ska e sgargianti strati caraibici e balcani. Sul singolo “Salmone noir” e su “Sogna mondo” punta la carta vincente del rock steady ed echi di tromba, alquanto cari a Giuliano Palma. Strappa sorrisi in “La crisi” con incedere saltellante e gaio, necessario per ironizzare sull’assuefazione del sentirne parlare in continuazione. Possiamo, invece, fare a meno di “Il barbiere di sua figlia” per una tematica francamente frivola e priva di utilità: quella del problema dei barbieri alle prese con l’acconciatura (!). La fantasia vola meglio su “Chissà”, in quanto si avverte l’incanto per i paesaggi di casa con un simpatico ska e piacevoli stop di tango. Il tris-ballad è un bel sentire: “Il pittore futurista” è delicata ma schiuma rabbia per tutto ciò che è sradicamento da terra natia, povertà e distruzione bellica; “Ti detti l’anima” è uno struggente omaggio dialettale, in clima sospeso con intensità narrativa, carica di strali amorosi tra dream-folk e trovate carezzevoli, mentre “Tre punte” gioca su flauto e chitarre placide per poi ribellarsi in escursus tarantelleschi, che dan risalto alla bella veracità in chiusura. Per la sua freschezza compositiva, continueremo a tessere lodi a Francesco Anselmo, a patto che eviti, come già detto, certi argomenti inutili, seppur fantasiosi: ciò gli permetterà di catturare maggior interesse con proposte più mature. “Il gioco della sorte” riserva energia a go-go ed è senz’altro una brillante opera prima con apprezzabili stilemi cantautorali: acerbo si, ma destinato a maturare a breve, con influenze sPALMAte a puntino e racconti squisitamente RAFfinati. (Max Casali)