recensioni dischi
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AMANDA E LA BANDA  "Grand Hotel"
   (2018 )

Amanda e la Banda e il blues che tramanda. "Grand Hotel" è un album di brani nuovi, ispirati però dal jazz anni '20-'30-'40, con focus sui canti di lavoro (worksongs). La formazione, dal 2002 ad oggi capitanata da Amanda Tosoni, vanta innumerevoli concerti in giro per il mondo (anche nello Zimbabwe), e i testi delle canzoni incise nell'Lp spesso traggono spunto dalle vicende personali in tour. Dalla vocalità di Amanda emergono tutti gli elementi tradizionali della black music, e la band ci riporta alle sonorità della prima metà del Novecento, fin dal primo frizzante swing "Grand Hotel", dove il pianoforte è in primissima linea, come nel ragtime. La chitarra elettrica fa la sua comparsa dal secondo brano "Sweet Mary Ann", che è un blues in 6/8 con tutti i crismi, la voce sensuale che strizza l'occhio a Amy Irving, armonie di settima minore ed organo. "My friend" è invece una musica letteralmente amichevole, con pianoforte e chitarra acustica nell'arrangiamento, e una batteria soft vagamente latina. Tutto l'album è ammantato di blues, ma ciascun pezzo presenta elementi peculiari, come la presenza del piano Rhodes con tremolo nel 6/8 di "Fairy Tale", ballata in odore di Aretha Franklin, con tanto d'assolo d'organo pieno di feeling. "Newton's law" invece è un lento funk primordiale, di quello ancora mischiato al soul. Si alzano i battiti con "Shovel and saw boogie", scatenato boogie dove il suono di pianoforte richiama l'honky tonk da saloon. "Princess" è un'altro pezzo più delicato, dedicato alla bambina che per prima prese coraggio e si mise a ballare durante uno dei concerti della band ad Haiti nel 2012, a ridosso del terremoto. Il bassista fa sentire il proprio virtuosismo in alcuni momenti di "I do my best", una preghiera sui generis, con un gospel ironico che ricorda quelli di "Sister Act". L'ultimo brano testimonia la ricerca del gruppo circa i canti da lavoro; cantata da una voce maschile, contiene progressioni armoniche sopra un pedale di pianoforte in staccato, dando quella tipica situazione di un'emozione contenuta da una staticità fisica, come un lavoratore che si sente in prigione, mentre cerca di reagire freneticamente, ma è stanco: "I wanna lay down". Dopo una serie di canzoni brillanti, Amanda e la Banda ci salutano con una nota amara, che ricorda le radici del blues. "Grand Hotel" si presenta al contempo come un valido biglietto da visita per il futuro, e come una raccolta di esperienze passate in sedici anni di carriera. (Gilberto Ongaro)