recensioni dischi
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AURORA LUNARE  "Translunaggio"
   (2018 )

Il progressive, a distanza di quarant’anni dalla sua comparsa sul pianeta “Musica”, ha conosciuto momenti di sviluppo notevole, disseminando sogni, visioni e storie, attraverso strutture musicali imprevedibili e ignote agli umanoidi, da sempre legati a “canzonette” melodiche imprigionate in sonorità standard. Un genere che ha fatto entrare di diritto nella storia della musica alcune band il cui grande merito è l’aver osato rompere gli schemi della banalità e della fissità strumentale, per aprirsi al mondo dell’improvvisazione, della teatralità, della presenza scenica, e che a livello contenutistico hanno trasmesso dei messaggi importanti per le giovani generazioni. Uno stile di rottura che appassiona ancora oggi e che i livornesi Aurora Lunare hanno deciso di esaltare, attraverso la rivisitazione in chiave modern-prog di brani che hanno lasciato un segno nella storia di questo genere. Mauro Pini (tastiere e voce), Luciano Tonetti (basso), Marco Santinelli (batteria) e Stefano Onorati (pianoforte, tastiere, chitarra classica) vanno oltre l’esatta e “semplice” esecuzione di cover, ma creano, con “Translunaggio”, un Prog nel Prog, una vera e propria opera di “appropriazione” di brani altrui rivestendoli di un sound personale. Un disco che nasce, si evolve e matura col tempo, frutto di un lavoro in studio ma che nasce come tributo durante esibizioni live. L’opening track è il nascente prog dei Procol Harum con “A Whiter Shade Of Pale” (brano che non ha bisogno di presentazioni), e due ospiti impreziosiscono l’interpretazione che ne fa la band livornese: Alessandro Corvaglia alla voce e Gianluca Milanese al flauto. Energica e toccante allo stesso tempo, la cover stravolge la linearità dell’arrangiamento originale, irrompendo con tempi e controtempi e sonorità più accattivanti che, pur non alterando la melodia originale, la rendono più fresca. “Gamma” di Enrico Simonetti si dilata nei tempi e si tinge di atmosfere sognanti e rarefatte, mentre “Fino Alla Mia Porta” del Banco Del Mutuo Soccorso diventa corale e più empatica in un’esecuzione che si riveste di modernità. “Hommage a Violette Nozieres” è uno dei brani meno noti degli Area, che gli Aurora Lunare colorano con un intenso solo di basso che fa da intro su un tappeto di tastiere: flauto e chitarra acustica impreziosiscono con la batteria un pezzo che si mantiene vivace. E’ il momento degli Yes con “Don’t Kill The Whale”, qui con atmosfere rarefatte che non tradiscono il fascino dell’esecuzione originale, mentre le inquietanti sonorità di “Connexion” dei Goblin si dilatano sfociando in una ipnotica miscellanea sonora. Trova spazio un brano poco noto di Phil Collins, “Lorenzo”, che suona spensierato e vibrante per lasciare il posto al sound deciso e denso di pathos di “The Party” dei Marillion. Chiude il tributo il più recente prog di “Trading My Soul” dei Flower King continuando a seminare lungo un solco in cui piantare sogni e visioni. Impeccabili le esecuzioni degli Aurora Lunare per un disco che racchiude scrigni con tesori preziosi. Volendo trovare una pecca ad un lavoro che vuole rendere omaggio al prog, stupisce che siano rimasti esclusi coloro che di questo genere hanno rappresentato le origini in Italia, portandone all’estero l’elemento distintivo, vale a dire la Premiata Forneria Marconi, e come siano stati esclusi gruppi come i Jethro Tull o i King Crimson. Ovviamente non è una critica, verso un lavoro di pregevole fattura, ma un caloroso invito a omaggiare in lavori futuri altre band, senza perdere di vista la possibilità di rendere propri e personali pezzi altrui che hanno fatto la storia. Resta il fatto che “Translunaggio” è un disco intenso, ben orchestrato e che riveste di modernità sogni e visioni che hanno caratterizzato il prog. Bravi! (Angelo Torre)