recensioni dischi
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DE/VISION  "Citybeats"
   (2018 )

Non c’è molto da raccontare, quando una band va avanti da circa 30 anni con il proprio genere e la propria firma su quello che è il panorama synthwave attuale. Uscendo come da una specie di macchina del tempo, che parte dalla fine degli anni '80 e che ha, inevitabilmente, i Depeche Mode di quei giorni come principale punto di riferimento. I De/Vision, germanici, hanno appreso la lezione di Martin Gore fin dall’inizio, diventandone di fatto i migliori rappresentanti o quasi, e virando sulle proprie idee quando, sempre seguendo i DM, a fine anni ’90 pure loro provarono una versione più rock, sempre seguendo quelli che erano stati i cambiamenti di stile dei Padri. Con una sola differenza: i Depeche Mode degli ultimi, diciamo, 15 anni, sono una band di synth-bluesrock, se vogliamo, mentre i Devision hanno rimesso a posto i sogni di chitarre e faccende troppo soft per ritornare alle origini. Diventando, di fatto, la principale sorgente musicale per chi, mettiamola così, preferiva “Black celebration” a “Spirit”. Fatte, ovviamente, le dovute differenze, perché comunque sia, i Padri erano tutta un’altra cosa. E allora, mettiamola in questo modo, ricordando quello che capitò pure in Italia: quando Battisti si mise a seguire le logiche di Panella, e saltarono fuori gli Audio 2 a soddisfare chi, invece, restava fedele agli anni ’70 che arrivavano da Poggio Bustone. Ecco, qui siamo sullo stesso piano: siete un po’ perplessi dai recenti (oddio, ormai sono 20 anni…) Depeche Mode? Ottimo, bussate pure qua, non ne uscirete delusi. (Enrico Faggiano)