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SAMBENE  "Sentieri partigiani - Tra Marche e memoria "
   (2018 )

Il primo lavoro discografico di inediti dei Sambene, band nata due anni fa, è un viaggio che – come recita il titolo – ci conduce per i sentieri della memoria, della Resistenza e della speranza. Personaggi che si muovono nello spazio e nel tempo, simboli di un periodo storico che non smette mai di essere attuale, animano la scena, scolpiti da melodie leggere e “popolari”.

“Sentieri partigiani”, uscito non a caso il 24 aprile, e che due giorni prima aveva vinto un importante riconoscimento consegnato dall’ANPI a Osimo, si apre con la dolcissima “Nunzia, la staffetta”, dove i cori partigiani si mescolano a una bellissima fisarmonica e a una energica chitarra acustica, mentre il gruppo canta con veemenza e ostinazione. Bellissimo anche il violino, protagonista poi di “Nené Acciaio”, brano cupo e duro, “un mitra nella mano, i nemici, le foglie, e tu l’uragano”, dove a una melodia molto originale si sovrappongono una voce calda e un arrangiamento curatissimo, ribadendo che si combatterà “contro i fascisti senza pietà”. “Eraclio Cappannini”, altro eroe della Resistenza, è un gioiello folk a tratti addirittura sperimentale, molto poetico e romantico. Nel solco di questo stile ci sono anche le più “pop” “Bebi Patrizi”, combattiva e schietta, e “Ruth e Augusto”, ben più triste e meditativa. Segue “Elvio e Ivan”, con un arrangiamento simile o quasi a certi episodi dei ’70 di De André o De Gregori, cantata con una voce convinta e decisa, che non lascia spazio a nulla che non siano la potenza del movimento partigiano e le sue idee che continuano a vivere dopo decenni.

La seconda parte del disco si apre con la cupa “Achille Barilatti”, narrata con un piglio differente, epico, da storia molto più lontana nel tempo di quanto realmente sia. Poetica, sognante, straziante, è uno dei brani più potenti del disco. “Derna Scandali” veicola invece un andamento più “folklorico”, danzante e allegro, nonostante la disperazione che si percepisce qua e là: è un inno alla gioia e alla giustizia che c’è nel combattere contro il male sapendo di essere dalla parte del bene. “Nata tra le Marche e il mare, dove il sole brucia la terra”, questa eroina continua a vivere nella memoria di chi, come i Sambene, continuano a scrivere di lei, così attiva nel difendere i diritti dei lavoratori e nel combattere i potenti. “Erich, lo straniero” inizia con un violoncello dolcissimo mescolato a un piano altrettanto sublime, a cui si aggiunge poi una voce che sembra provenire dall’oltretomba, a metà tra Baustelle e Ivano Fossati. Gli ultimi due brani riportano il ritmo al centro di tutto, insieme, ovviamente, ai testi. “Il vento della memoria” è a tutti gli effetti uno di quei pezzi che i partigiani potevano cantare sulle montagne prima di ricominciare a combattere. A concludere l’album è “Bella Ciao”, in una versione a cappella da brividi, che dimostra quanto i Sambene siano versatili e quanto questo disco sia importante, sia a livello musicale sia a livello storico. (Samuele Conficoni)