recensioni dischi
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KONSTRUKT & KEIJI HAINO  "A philosophy warping, little by little that way lies a quagmire"
   (2018 )

Il free jazz non conosce confini nazionali, e così un chitarrista giapponese come Keiji Haino incontra i Konstrukt, band turca di casinisti affini a lui. Questi ultimi sono soliti prestarsi a collaborazioni con artisti esterni, purché condividano la loro lunghezza d'onda. E con Haino, che spulciando nella sua discografia può anche vantare una produzione nientemeno che di John Zorn, nasce così questo live inciso, intitolato con un nome lungo come le due tracce presenti, entrambe di oltre venti minuti: "A philosophy warping, little by little that way lies a quagmire" (appena uscito per Karl Records). Sintetizzatori, batteria vivace, sassofono, xilofono, flauto e strumenti turchi del gruppo di Istanbul (come zurna, kaval e sipsi) si mescolano con la chitarra nipponica, come in un'orgia. L'espressione che intitola la prima sessione di baccanale definisce da sola quello che stiamo ascoltando: "Into a trap surely so elaborately laid air has entered and a splendid, beautiful monster now swims". Entrambe le tracce, verso la metà, presentano una pausa dove il pubblico applaude; questo crea quindi due cesure, ed in totale quattro mini zone. Nella prima metà di questa prima battaglia, si presenta quel che ci si aspetta: free jazz agitato e confusionario. Nella seconda metà invece, un sibilo sintetico ci porta in un inferno costituito da larghe distese di note lunghe, con un sassofono in prima linea iper drammatico. L'ambientazione sembra post rock o comunque post apocalittica. La seconda bestia è una somma: "Excess + analysis = courage". All'inizio il sax viaggia da solo, con i suoi riverberi, e grazie ai synth poi si va nel psichedelico. Dal decimo minuto in poi, una voce urla angosciata, e gradualmente la chitarra di Keiji reitera ossessivamente delle sequenze di accordi assolutamente non confortevoli. Dopo l'applauso al quattordicesimo minuto, la ripartenza dell'ultima fase è pseudo etnica, con il kaval (un flauto turco). Le tastiere inseguono un groove decostruito, non supportato dalla batteria che invece si dirige altrove, mentre la chitarra di Haino commenta tutto questo divenendo sempre più lisergica, fino a degenerare tutti insieme nel caos, più forte che nell'inizio della prima traccia. Per gli amanti del genere, la soddisfazione è assicurata; nonostante l'ovvia ricerca dell'eccesso che il free jazz richiede, l'improvvisazione non è mai buttata a caso e si avverte la lunga esperienza sia di Haino che dei Konstrukt. (Gilberto Ongaro)