recensioni dischi
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OKZHARP & MANTHE RIBANE  "Closer apart"
   (2018 )

Il produttore e dj Okzharp e l'artista a tutto campo Manthe Ribane (cantante, ballerina, fotografa, modella) sono due sudafricani che lavorano a distanza. Il primo si è trasferito a Londra, mentre la voce resta dall'altra parte del mondo. La loro continua collaborazione, resa possibile grazie ad Internet, dopo due Ep, è giunta a concepire il primo Lp uscito il 6 luglio 2018 per Hyperdub Records, "Closer apart". Le sonorità sono tra le più moderne ed elettroniche, con intento futurista, dichiarato anche in maniera esplicita in "Time machine" con un testo che sembra una raccomandazione di volo: "The futuristic shade (...) stay open minded (...) please pay attention to the next following program". Ci sono elementi che rimandano all'afrobeat ("Thelesta", "Why u in my way", "Never say never") e suoni che strizzano l'occhio alla world music: in "Blue tigers", il pad iniziale ricorda un po' quello dei Sacred Spirits in "Ly O Lay Ale Loya", ma in seguito un suono luccicante e metallico ci riporta nella dimensione principale futuristica dell'album. La voce di Manthe Ribane, coerentemente con lo stile, è costantemente elaborata e processata, quasi da somigliare ad un robot; spesso viene doppiata da un acuto all'elio, come si sente spesso ultimamente ("Wu@", "Make u blue", "Never thought"), mentre nella già citata "Time machine" viene affiancata da un vocoder. Negli arrangiamenti spesso e volentieri si utilizza un suono di basso square, come in "Make u blue" e in "Kubona", pezzo per il quale è stato creato un videoclip con grafica in 8 bit. Generalmente la velocità è moderata o andante, tranne in "Dun" che invita alla danza. Però prevalgono situazioni oniriche, come i primi due minuti di "Wu@", dove il suono introduttivo si potrebbe definire lynchano, così come la ripetizione della domanda cantata: "Where you were, tell me where you've been?". Stessa situazione per "Why u in my way", con la supplica ripetuta "Don't you fade away". C'è spazio anche per il grime (o garage rap) in "Zagga" e "Never say never", dove il rap di Ribane è più una scelta ritmica e stilistica, che di emergenza sociale. Spesso i testi contengono evocazioni più mondiali che private, come in "Tide": "Tides raising, oceans raising, we're always raising". O ancora una volta in "Time machine": "We are the secret of the universe", supportato dal finale da un synth melodico che fa da ticchettio. In "Make u blue" le parole si fanno vagamente minacciose: "Are you ready for the truth, even if it makes you blue?". In "Kubona" invece viene ripetuto un concetto espresso in prima persona, ma che dovremmo ripetere a noi stessi più volte, nei momenti di sconforto: "I'm precious, so timeless, I'm endless, so priceless". L'ultimo pezzo, "Treasure erasure", dura sette minuti; i primi quattro sono un battito rapido sdrucciolo e ipnotico. Poi sfuma per lasciar spazio ad un'ambientazione placida come una di Vangelis, e Manthe Ribane canta una frase spezzettata, che intera rivela ossimori: "Don't forget to remeber, the times we share never always last forever". Il tutto suona come un'utopia, un mondo tecnologico ideale che unisce invece di dividere, in salsa afrofuturista, che entra in direzione ostinata e contraria nella nostra attualità fatta di chiusure. E con sonorità che possono essere apprezzate anche e soprattutto dai giovanissimi. (Gilberto Ongaro)