recensioni dischi
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NATHALIE  "Into the flow"
   (2018 )

Non nutro pregiudizio alcuno nei confronti di chi abbia goduto del privilegio di mettersi in luce grazie alla vetrina più o meno prestigiosa di show televisivi destinati al grande pubblico: quello è un inizio, poi devi pedalare.

“Into The Flow”, su etichetta Believe Digital con la produzione illustre di Francesco Zampaglione, è il terzo album di Nathalie, al secolo Natalia Beatrice Giannitrapani, artista di origine italo-belga salita alla ribalta principalmente grazie alla vittoria nella quarta edizione di X-Factor, anno di grazia 2010. Da lì, una partecipazione a Sanremo, due album e collaborazioni blasonate a ribadirne la caratura, e uno iato di cinque anni – un’eternità – dal precedente “Anima Di Vento”.

Per fortuna il ritorno è valido, e al di là di qualche perdonabile leggerezza testuale “Into The Flow” possiede qualità non trascurabili: forte di una scrittura accattivante, ha canzoni che scorrono piacevoli, modellate su un’interpretazione carica e densa, con un’alternanza di Inglese e Italiano che ne esalta il respiro internazionale.

Dentro la scatola albergano una sottile melanconia di fondo, svariate pietre di paragone, muse ispiratrici, suggestioni ben note, echi sparsi in una profusione di arie allettanti spesso in minore, arricchite dalla vocalità intensa e studiata di Nathalie, attraente, coinvolgente, calda, mai invadente. Brillante, vivace.

Meglio sicuramente negli episodi mossi e meno allineati, appena manieristica in quelli più calligrafici, ma poco importa: a suo agio proprio quando è libera di giocare con ritmi indocili ed armonie dimesse, Nathalie rilascia espressività quando più si discosta da sentieri già battuti. Colpisce nell’opener à la Editors de “In A World Of Questions”, azzecca un lied bislacco da Joanna Newsom nell’aria terribilmente catchy di “Smile In A Box”, sfiora perfino Mia Martini nelle sofferte linee di “Siamo Specchi”; ha personalità ed apparente nonchalance, come quando ricama la romanza pianistica di “Tra Le Labbra”, il valzer teatrale de “In A Trash Can” o il blues truccato di una “Dancer In The Rain” impreziosita da un crescendo emozionale ricco di pathos.

Levigato da una produzione che ne smorza in parte le velleità e ne smussa gli spigoli, “Into The Flow” è un lavoro esuberante che vola altissimo per larghi tratti, arrivando in fondo – giocoforza - col fiato un po’ corto. Complessivamente interessante, ribadisce le doti pervasive di una virtuosa interprete capace di porgere con solida attitudine un connubio ben equilibrato fra canzone pop e tentazioni più impegnate. (Manuel Maverna)