recensioni dischi
   torna all'elenco


TURCO  "Via Roma"
   (2018 )

Per me che sono cresciuto nell’era in cui il synth-pop britannico viveva il periodo del suo massimo splendore, ascoltare “Via Roma”, il secondo lavoro discografico di Chiara Turco, è stato come fare un viaggio nel tempo, pur tenendo ben saldi i contatti sonori con il mondo contemporaneo.

“Via Roma” è infatti un lavoro che pesca a piene mani nel mare sconfinato delle sonorità elettroniche del passato, ma che ha nell’anima cantautorale il suo punto di forza, rendendolo così un progetto singolare ed originale.

Il segreto del disco è infatti la perfetta miscela tra ritmi elettronici e le melodie morbide e suadenti della voce di Chiara Turco, tra suoni e rumori quotidiani, propagati all’infinito da sequencer e loop station, tra strutture armoniche semplici e arrangiamenti talvolta insoliti ed onirici.

L’artista pugliese ti fa entrare subito nel suo mondo con un’intro fatto di rumori di strada e di casa, suoni quotidiani che si tramutano in parole e si riversano nei testi dell’intero disco, che si apre con “Ti vedi” e “Ansia”, due brani permeati dall’elegante suono dei synthesizers e dalla morbida voce di Chiara.

Le note elettroniche sfumano con delicato equilibrio in suoni puramente dance in “Nella testa”, dove ancora una volta spicca la versatilità vocale della cantautrice pugliese, che riesce a dare ritmo e slancio radiofonico al testo. “Ritmo” è la parola chiave della parte centrale del disco, non c’è tempo infatti per una pausa riflessiva… forse perché: “Non bisogna perdere tempo, perchè i treni non ti aspettano”, e così si viene “investiti” dalla spirito allegro e spensierato di “Treni”, un revival pop/dance elettronico anni '80 riprodotto in chiave 2.0, che continua incessante anche in “Ho visto Laura Palmer”, pezzo sostenuto da un incessante ed impetuoso drumming e impreziosito da un piacevole finale orientaleggiante.

I toni si abbassano decisamente nella parte finale del disco: si susseguono “Ogni volta”, “Eroi” e “Volevo Dirti”, brani in cui i testi, caratterizzati da aperture intimiste e malinconiche, si scontrano quasi volutamente con il tessuto sonoro sottostante, ma il sound, seppur viaggiando su binari elettronici, riesce a trasmetterti tutto il calore umano delle parole.

Il disco si chiude con “Buona vita”, brano dolce ma non melenso, dove la bella voce di Chiara Turco rappresenta il degno e gentile commiato di un album che, seppur sostenuto da sonorità elettroniche e costruito attorno a campionamenti, battiti elettronici e dissonanze, è un disco romantico allo stesso tempo, che racconta la vita quotidiana con i suoi eroi, le sue ansie e le sue paure.

Un progetto musicale che mi è piaciuto e che credo voglia essere una dichiarazione d'indipendenza dal populismo musicale che intasa le classifiche discografiche italiane. Voto:8 (Peppe Saverino)