recensioni dischi
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HERSELF  "Rigel playground"
   (2018 )

Pigro e indolente, arranca catatonico su una diafana melodiosità figlia di molti padri “Rigel Playground”, nuova fatica di Gioele Valenti, poliedrico artista palermitano già co-protagonista nei Lay Llamas a fianco di Nicola Giunta ed ora impegnato sia nel progetto JuJu che sotto la sigla di Herself, di fatto avventura solista.
In quest’ultima incarnazione la musica di Valenti assume un incedere dimesso, una rilassata afflizione declinata in sette tracce esangui che trasudano una quieta mestizia, solo di rado ravvivata da tenui variazioni al canone. All’insegna di uno stralunato pallore, si fa strada uno scoramento contrito ed introverso ben condensato – è solo un esempio – dal passo di una “Crawling” che inizia à la “Out On The Weekend” e si infila in un chorus capace di lambire addirittura i Jesus & Mary Chain acustici di “Stoned & Dethroned”. La voce è mixata talora in secondo piano, il ritmo si culla in un languore docile mentre la melanconica deriva prosegue identica a sé stessa: ma è esattamente questa la cifra stilistica cui Gioele tende, un misto di Mark Linkous e Sam Beam, Mark Kozelek e Will Oldham, un milieu privo di quella sorda disperazione, più orchestrato e meno intimista.
E’ una ricetta che trova applicazione nella spoglia desolazione di “Bark” come nel country rallentato di “In The Wood”, pizzicando suggestioni à la Violent Femmes in “The Witness” o smorzando il mood depresso nei sei minuti più tesi ed incombenti di “The Beast Of Love”, con la voce di Jonathan Donahue dei Mercury Rev ad impreziosirne le trame.
A patto di essere avvezzi - chi vi scrive lo è – ad un alt-folk dalle sfumature ingrigite, “Rigel Playground” è lavoro rimarchevole sia per la cura formale che lo connota, sia per come sa celebrare con asciutta essenzialità una musica antica, profonda, emozionale. (Manuel Maverna)