recensioni dischi
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STEFANO LENTINI  "Fury"
   (2018 )

Non ha bisogno di presentazioni Stefano Lentini, già noto ai musicofili per le tante collaborazioni con registi italiani e non solo, nonché unico musicista italiano, insieme al grande Ennio Morricone, a essere rappresentato negli States da Gorfaine/Schwartz Agency. Il compositore romano presenterà il suo progetto solista fra poco meno di un mese, quando vedrà la luce “Fury”, album realizzato col proposito di modernizzare il classico e classicizzare il moderno, senza restare ancorato a schemi troppo rigidi, privilegiando un’attitudine meramente orchestrale, difficilmente riassumibile con un solo genere. Il rock è il comune denominatore di un disco quasi esclusivamente strumentale (unica eccezione è “Fleurs Du Mal”), in bilico fra progressive e post rock, ma carico di guizzi psych e di soluzioni imprevedibili, come quando gli assoli arrivano dai fiati, piuttosto che da una chitarra. È un album che si apre con le evoluzioni e la dolcezza di “R73”, che conosce deliziose parentesi post rock come “You Must Respect The Sea”, conserva un piglio classicheggiante come nella titletrack, ma esprime tutta la sua varietà e la sua ariosità anche in pezzi come “Adagio” e “White Fish Black Fish”. “Fury” non è mai troppo simile a sé stesso, si lascia ascoltare e apprezzare con grande facilità e evidenzia la tecnica sopraffina dell’autore, sempre più una certezza all’interno del panorama musicale nostrano. (Piergiuseppe Lippolis)