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JONAS KASPER JENSEN  "Within the temporal experience"
   (2018 )

“Within the Temporal Experience”, uscito per DL Clang Records, è il nuovo album di Jonas Kasper Jensen, un viaggio nel più profondo dell’inconscio, dove paure remote e inquietanti si intrecciano a speranze e sogni, un disco che è insieme un’esperienza di ascolto e di viaggio e un tentativo di guardare dentro sé stessi senza finzioni né scorciatoie.

Le sonorità a tratti ambient a tratti sperimentali caratterizzano il sound elettronico di Jensen, che tenta di esplorare il legame tra vera musica e suono nudo. Echi di Jon Hopkins, Nicholas Jaar, e persino di DJ Koze e Brian Eno si incrociano all’interno dell’opera, caratterizzata da sei brani, alcuni dei quali piuttosto lunghi. “An Indeterminacy of Silence” apre le danze, e ricerca subito una certa oggettività del suono, a differenza del disco precedente di Jensen, “Layers of Bridges”, il cui scopo era stimolare la soggettività dell’ascoltatore di fronte a ogni singola nota. La materialità del suono, vera e propria scultura in fieri, si manifesta anche nel secondo pezzo, “A Shape Within a Material”, mercuriale e onirica, con momenti che rimandano addirittura allo shoegaze, ed è ribadita dal contributo, sul testo in copertina, del filosofo Marcus Doller, che scrive che “la musica crea un silenzio nel suono”. Continuano le metamorfosi polidirezionali di Jensen, che nella breve “Silence Within the Sound” esplora le profondità dell’inconscio umano.

A compendio di “Silence Within the Sound” arriva, inesorabile e potente, “Eternity Within Finitude”, episodio più cupo e tribale, che continua la creazione di sonorità tra loro ossimoriche – come i titoli, dopotutto – e complesse, palazzine pesanti e massicce che sembrano però dover crollare al primo soffio divento. Eternità, finitezza, maestosità, leggerezza: tutto entra in circolo e tutto pare inesorabilmente durare per sempre e morire da un istante all’altro. Così “From the One to the Other” lascia questa terra per provare ad attraversare lo spazio, con un arrangiamento alla “Subterraneans” di David Bowie e uno slancio verso l’alto che si trasforma però in un richiamo di aiuto, di pericolo, di paura. La conclusione spetta a “The Passing By”, un pezzo di elettronica più pura rispetto a quella presentata negli altri, che sembra provare a conciliare, con le dovute difficoltà e incertezze, questo senso di finitezza e maestosità che spaventa ogni essere umano, combattuto da sentimenti contrastanti e dalla propria consapevolezza di potere tutto e al tempo stesso poter essere distrutto da tutto. Nella musica di Jensen questa inafferrabile dicotomia vive, cresce e trionfa, senza che intervenga alcun tipo di giudizio positivo o negativo; a vincere è soltanto la nuda manifestazione del suono e della (limitata) natura umana. (Samuele Conficoni)