recensioni dischi
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ENRICO BOSIO  "Scaleno"
   (2018 )

Mai pago di scandagliare la conoscenza di sé stesso, Enrico Bosio prosegue con “Scaleno” la ricerca di ulteriori spazi espressivi inediti, che gli possano fornire altre risposte inesplorate. Questo quarto album solista (dopo le uscite con En Roco e BOSIO) è incentrato proprio sulla suggestione del titolo, ove tutto ruota su assemblazioni atipiche, irregolari, esulanti dal dozzinale e, in un certo senso, sghembe e diseguali. Ed è già “Un’ottima scusa” che lo cominci così, con le pennate stoppate di chitarra che fregiano la ritmica con gusto dondolante. Le svisate all’inizio di “Un istante” richiamano quelle Battistiane di “Il mio canto libero”, ma poi Bosio sa animarle con brio e diversità. “Il tetto” gode di splendida andatura gitana, con un’evoluzione che è, senza dubbio, evocativa del mood che trasmette, ed in questo l’artista ha pochi rivali. Il contorno di percussioni carioche di “Cannibale” stilizza su misura un arrangiamento ben riuscito, grazie al pertinente ed elegante apporto di Olmo Andres Manzano Anorve, tra i grandi delle percussioni mondiali e presente in altri quattro episodi. Le ricercate pluri-ritmie, che si impone il cantautore ligure, sono frutto di una quadratura d’intenti, in cui l’obiettivo principale è l’inseguire qualcosa di atipico che distolga da vacue tentazioni di ricami ammiccanti ma che riveli, piuttosto, una schietta e curatissima urgenza espressiva, per non farsi corrodere dal probabile rimorso di non aver dato il massimo e schivare, cosi, la fastidiosa sensazione di risultare uguale al passato. In sostanza, si conferma “Buona” anche l’ennesima trovata del Nostro: prima con ameni arpeggi di basso, e poi miscelando accordi nervosi con intense escursioni sonore con dettagli sixties. Al piccolo trotto, “Per dimenticare” è l’episodio evasivo che serve a stemperare la profondità ideologica dell’album. Invece, la vispa chitarra di “Sogno” è la strategica miccia per far brillare l’impasto verso soluzioni spaesate, in cui rifugiarsi per trovare risposte ad individuali excursus immaginifici; mentre, senza alcun “Riserbo”, incarna l’acidità degli sfoghi personali, adeguatamente riprodotti con una tastierina asettica e condimenti d’elettronica. Con fitto spirito contemplativo, Enrico consegna l’atto finale con sonorità masticanti ed un’effettistica sospensiva. Insomma, un disco convincente, chirurgico, coeso nei dettagli che contano, tesi a farci volare oltre la fantasia del reale o in dimensioni inconsuete e/o volutamente distorte. In fondo, l’arte non va necessariamente capita ma osservata con occhi tridimensionali, come suggerisce l’inusuale diseguaglianza di “Scaleno”: il triangolo …sì ! Non l’avevo considerato… (Max Casali)