recensioni dischi
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!DISTAIN  "Farewell to the past"
   (2018 )

Alex Braun quest’anno è prolifico: dopo l’uscita del suo EP solista “Eiskalt”, ci troviamo di fronte anche al nuovo lavoro del suo duo (ex trio), i !distain, con il punto esclamativo davanti. Un’istituzione per la dance tedesca, attivi dal ’92 e ora pronti a imporsi nuovamente sulla scena, con “Farewell to the past”. L’album contiene un pezzo che sembra deciso a convincere chiunque: “SynthPopBoy”. Su una sequenza accattivante di accordi e una melodia orecchiabile, le parole chiamano a raccolta tutti gli ascoltatori “alternativi”, che però di nascosto si ascoltano questi suoni pop, nel loro “secret radio show”. “So soft inside, no one else shall know (…) outside they listen to EBM, their muscles are ready to obey, they dance to industrial, so much joy, but deep inside everyone's a SynthPopBoy (…) a life in color is waiting for you, it's time to share the view”. L’invito a fare outing vale anche per chi ascolta hard-core, quindi in pratica a tutti! Ma l’LP di per sé non ha bisogno di questa ammiccante seduzione, dato che inizia con “The cosmic revolution”, un brano letteralmente spaziale: dance, con suggestivi cori di tastiera nel refrain, che aprono vasti orizzonti nella mente danzante. “Der Hirtenmann” è una techno ancora più battuta, con residui industrial ed un testo in tedesco. E già si possono immaginare le luci stroboscopiche, i fumi colorati e la sensazione di elevazione collettiva. Un altro pezzo spedito parla in tedesco di viaggi, “Wer im Kreise geht?” (traducibile più o meno in “Chi si unisce al gruppo?”): “Wir fahren (…) wir reisen”. Viste queste premesse, sorprende che nel disco siano presenti diversi lenti, come “Letter to myself”, dove nell’arrangiamento spiccano un suono di viola ed un coro femminile, presente questo anche in “Maid of Freedom”, dove si parla di libertà: “Ich bin so frei” sopra cuscini sonori azzurri. Suoni glaciali sono la prerogativa, come in “Wake me up”, eppure l’esito che danno è di scaldare il cuore dell’ascoltatore, di farlo sognare. Altra ballata “Waiting for a song”, con i synth celestiali che dominano sempre lo spazio, ma qui il basso rende il pezzo scuro ed introverso. “Targets” è un altro brano di buona dance, che ribalta una prospettiva di vita: “We are the targets, we are the aim, we were the future, we are the end”. La creatività del duo si apprezza in “No aces left”, uno strumentale elettronico ambientale, che crea un clima di tensione, oggi attribuibile ad uno scenario di videogioco d’azione (ma sarebbe una banalizzazione). Il brano si sviluppa in una maniera imprevedibile, diventando più dolce nel refrain, nonostante le minacce dell’introduzione. A chiudere questo album ben levigato, “The guest house”, un ultimo viaggio di 9 minuti lento e meditativo, rimaneggiato dall’ospite Oren Amram. Un ritorno di stile quello dei !distain, che non rinnegano il passato, ma lo attualizzano a modo proprio. (Gilberto Ongaro)