recensioni dischi
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BELP  "Crocodile"
   (2019 )

C’è un po’ di rock, un po’ di elettronica, tanta confusione. ''Crocodile'', appena uscito per Jahmoni/SVS Records, è una vibrazione ritmica unica, ma senza continuum. Praticamente l’artista in questione si è alzato una mattina e ha vomitato più suoni possibili in un colpo solo. D’altronde, come lui stesso ammette, tutto è nato in una notte tra amici, in un convento portoghese (?). E se queste sono le premesse, è ovvio che il mix di ritmiche semplici, tappeti dolci e morbidi, suoni circolari, pezzi parzialmente arrangiati e rumore (detesto chiamarlo noise, come se non avessimo questo vocabolo nella nostra lingua!) non amalgamano il tutto, poichè l’intento di Belp è prenderci decisamente, e bonariamente, per i fondelli, divertendoci. Quando ascolti ''Lurk'', la prima traccia, l’unica esclamazione è «mah!», poi aspetti la seconda, ''Hang on'', e va decisamente meglio, seguita da ''Bending'', con i suoi charlestone mai rivelati. Sembra arrivino e poi, niente. Che tipo! Le migliori tracce sono ''Endless preparations for a cerimony'' (già il titolo è abbastanza per credermi sulla parola) e ''Strand'', la quale ha dei reverberi tonali molto dettagliati. Tuttavia, l’album richiede attenzione nella sua ludicità. Vi è una anima, rimarcata dai bassi, la quale potrebbe legare ogni brano. Oserei definirla una compilation di uno stesso artista in crisi di identità. Me lo immagino mentre manipola campioni orribili per renderli gradevoli alle orecchie degli ascoltatori ma poi, all’ultimo momento, ci ripensa, godendo del nostro eventuale sgomento. Per questo vale la pena ascoltarlo. Belp ci dice «ascoltatelo e basta, potrebbe essere la migliore lezione per fregarsene di tutto e tutti». Ci provo. (Matteo Preabianca)