recensioni dischi
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ALESSIO IVAN  "Viola"
   (2019 )

C’è poco da fare se, con la musica, si cresce insieme, respirandola in ogni angolatura, perché poi arriva il giorno che, se anche per anni l’hai accantonata, il suo richiamo è talmente pulsante che capisci che è ora di riappropriarsene. Ascoltando Alessio Ivan t’accorgi che è andata proprio in tal senso: lasciata per motivi lavorativi e poi ripresa per adunare tutti i suoi echi di sirena nel debut-album “Viola”. Le prime note di “Connettiti con la realtà” fan muovere senza indugio, con pistoni ritmici vibranti, cosi come “Freddissima anima” che, però, prende piede più lentamente per poi, successivamente, diventare accattivante. “Vivo e muoio”, invece, non ha il trasporto delle precedenti, mentre “Questi miei limiti” è una ballad atipica, effigiata da un buon assolo di steel-guitar e tessitura elettronica. “Una nuova idea” riprende l’identità pop, con un ottimo testo ottimista che pigia sull’importanza di restaurare il proprio pensiero per ridare un nuovo respiro alla vita. Nell’indole dell’artista lombardo (zona Varese) convivono sicuramente la malinconia del Pierrot ed il ghigno del Joker (vedi copertina) ma anche uno spiccato idealismo, nonostante le tante inquietudini transitanti che possono, in qualche modo, disturbare il piglio positivo di base. Con “La perfezione” e “La mia creatività” si cede la mano alla nostra perplessità analitica: perché collocare placidi atti sul rettilineo che porta verso la chiusura del disco quando, finora, l’energia ed una bella presa d’ascolto aveva fatto breccia sull’orecchio? Qui non si parla di due brutte ballad, intendiamoci: però rallentare sul finale rischia di far dimenticare quel buon dinamismo finora impattato. Però, la frizzante scioltezza narrante della conclusiva “In questi giorni nella mente” ridona, fortunatamente, un aspetto più brillante. Non si può pretendere la perfezione in un’opera prima, ma un giusto equilibrio tra istinto e ponderazione costruttiva si’, volta ad evitare sviste d’ingenuità elaborativa. Dedicato a sua figlia Viola, tuttavia va riconosciuto ad Alessio Ivan che, pur non avendo realizzato un disco smaliziato, strappa più che la sufficienza per l’ardire intenzionale e l’ardore introspettivo che, in questi tempi aridi, non è roba da poco. (Max Casali)