recensioni dischi
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FLUCT  "All the world is green"
   (2019 )

Partendo dalla reinterpretazione radicale di alcuni brani di Tom Waits, il duo Fluct propone una particolare formula tra voce femminile e basso, che si distanzia parecchio dall’originale spirito dell’icona americana. L’album “All the world is green” si apre con un’irriconoscibile “Kiss me”, caratterizzata da un synth elettronico che fa accordi pieni e drammatici come quelli della colonna sonora di “Scarface”, targata Moroder. E in generale, un’elettronica scarna e basata su pochi suoni, spesso percussivi, caratterizza gli arrangiamenti di queste versioni dei pezzi. La voce si discosta ulteriormente, oltre che per l’ovvia differenza timbrica e di registro, anche per un’interpretazione quasi più sbarazzina. Per “Rain dogs” comunque, si avvale di una pesante distorsione e di una compressione, mentre il basso marciante si fa acido, e poi si lancia in una parte solista efficacemente ansiogena. “Flowers grave” forse è l’esperimento meno riuscito, poiché rende l’originale ninna nanna, funerea e tristemente emozionante, qualcosa di più asettico e gelido. Meglio l’esito di “Take it with me”, dove il basso, grave e minaccioso, alla lunga diventa ipnotico ed affascinante. E qui si apprezza il contrasto cercato fra i due componenti opposti: da una parte la voce cristallina, dall’altro il basso oscuro, anche in fase arpeggiante. Una delle più stranianti invece è “Anywhere I lay my head”, conoscendo la versione primordiale con le dolci note di pianoforte, sostituite qui da un simil piano elettrico (con tanto di click elettronico), e la voce vira verso una direzione strettamente nu soul. Per “Trampled rose”, dopo un iniziale risveglio quasi mistico, fra campanellini e basso solenne, si è optato per far vagare la voce nel vuoto, sostenuto solo dalle volute statiche di basso a tempo libero. Si impossessa di noi una sensazione di solitudine. La titletrack qui viene caratterizzata in due fasi, la prima con un suono da organo da cappella, la seconda con un basso con effetto chrous, che apre la visione ad un deserto lisergico. E la voce indugia sulle note più blues della melodia, e nell’insieme l’effetto è da locale con le tende rosse, come piacerebbe a Lynch per Twin Peaks. “Little trip on heaven (on the wings of your love)” viene notevolmente dilatata, diventando particolarmente notturna e minimale. Infine, questo viaggio insolito in un America trasposta, finisce con “Just the right bullets”, dove protagonista iniziale è la sola voce, incisa più volte per creare loop ritmici e cori di “uh”. Poi il basso distorto torna a farsi sentire, assieme a crescenti impulsi percussivi elettronici, che renderanno il clima intimo più plumbeo. La personalità del duo Fluct sovrasta (fortunatamente) il concetto di “cover” di un artista famoso. La precipua cifra stilistica di Tom Waits viene disattesa, per portarci in un’altra landa, meno alcolica, ma ugualmente oscura e profonda. (Gilberto Ongaro)