recensioni dischi
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STEREOREBUS  "Live at Auditorium Novecento Napoli"
   (2019 )

Il bello del free jazz fatto con criterio, è che viene mantenuto l’effetto sorpresa: non sai mai cosa succederà, ma nulla di inutilmente fastidioso. Il duo StereoRebus si mantiene fedele a questa promessa, incidendo in presa diretta il “Live at Auditorium Novecento Napoli”, in sette diverse tracce dai sapori imprevedibili. Il duo è composto dal sassofonista e polistrumentista Bruno Tomasello e dal batterista Carlo Maria Graziano. Il disco contiene sette tracce, intitolate solo con il numero di tracklist. “Uno” vede la partenza del sassofono, che dopo qualche ricerca melodica libera inizia a fissarsi in quella che sembra l’imitazione di una sirena della polizia. Se all’inizio la cosa fa sorridere, dopo un po’ trascende, e la somiglianza si dimentica, con l’aggiunta delle armonizzazioni, sommate con la loop station. Con “Due” emergono le doti poliedriche di Bruno, che sovraincide chitarra e basso. Poi sopra ad essi, crea una cellula melodica discendente di fiati, resa avvincente dalla batteria, che la valorizza come una catarsi emotiva. In “Tre” invece tutto nasce da un loop ritmico ipnotico di chitarra, che sembra uno di quelli che Solieri creava per Vasco. Ma anche in questo caso, l’apparenza iniziale viene trascesa, basso e batteria fanno groove. Si arresta tutto e il sax procede invece a ordire un tessuto soffice ed etereo, di note incantate; poi, facendo ripartire il loop di chitarra, improvvisa col sax in maniera vagamente arabeggiante. Più che altro, le acciaccature sembrano imitare i vocalizzi di una cantante mediorientale. Ed è bello ascoltare anche la reazione entusiasta del pubblico. In “Quattro” invece è la batteria a far decollare la performance, che stavolta prevede anche l’utilizzo della voce, che improvvisa vocali, tessendo una melodia folkeggiante, poi sussurrando. “Cinque” invece gioca su un riff rock, che mantiene il volume alto e l’atteggiamento aggressivo, almeno fino a metà, dove il fiato viene lasciato solo a giocare con l’eco. Su “Sei” l’attenzione è rivolta a dei rilassanti giri di chitarra, che poi si evolvono in un’improvvisazione degli altri suoni più ritmata, ma sempre di stampo felice e sereno. Infine “Sette”, ultimo gioco tra i due, si caratterizza per un intrigante giro funky, e in fase d’assolo si sviscerano le potenzialità espressive ed energiche del duo. Un free jazz che punta quasi ad un “ritorno all’ordine”, dopo decenni di esempi d’eccessi dissonanti, che ormai non scandalizzano più nessuno. E’ stato un bene registrare questo live, gli StereoRebus sono davvero d’ispirazione per chi ascolta. (Gilberto Ongaro)