recensioni dischi
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THE HIGH JACKERS  "Da bomb"
   (2019 )

Meno male che, ogni tanto, spuntano personaggi come Stefano Taboga (qui in veste di Mr. Steve) che ambiscono a creare non solo buona musica, ma anche a farcirla con alchimie sonore che non trovi di frequente e che ripescano, volenti o nolenti, da un certo passato stiloso, personificandolo con tocchi d’avanguardia. Inoltre, la grande scommessa di “Da bomb” è quella di fare un’abbondante turn-over di musicisti per arredare i 12 pezzi di questo esordio con tessuti malleabili di ritmica e corporatura soul, funky, R’n’b. Che si tratti di far scuotere glutei o di proporre sortite da struscio, si sente che la matrice dell’opera è possente, dinamica, di gran fermento. Difficile rimanere statici di fronte alla distesa semi-strumentale di “This is the sound (Da bomb)” dove si vivono momenti alteri di bassi incalzanti e turbinio di chitarre coinvolgenti; oppure, con il funky-rap di “You make me mad”, colorito di tastierine asciutte ed estranianti e pennate di chitarra dal gusto seventies. Invece, “Stunned and Dizzy” ci avvolge nel suo vivace soul modernizzato con distinta personalità. Aliti di tregua si respirano con “My new paradise” e “The wrong side of the street”, in cui le sembianze coi grandi pezzi di Sam Cook o Luther Vandross sono tracciate con effetto ed eleganza. “Burgers and beer” si consumano sulla tavola di un verace soul che spicca tanto d’anima black. Totalmente diversa risulta “Live it” : frenetica nel suo incedere e piuttosto amena nell’impasto, con inserti bizzarri di coretti avvistati in certi pezzi dei Police con un drumming Copeland-iano, mentre “Everybody’s burning “, col suo picchiettio tribale ed un’efficace trumphet-work, è un altro step che rafforza l’impiantistica cool fin qui percepita e lascia spazio a gustose improvvisazioni. E dopo il trascinante rhythm’n’blues di “If I don’t have you”, salta subito all’orecchio che un album come “Da bomb” non è un prodotto da calderone inflazionato, ma un ricercato ensamble stilistico che può solo giovare alla delizia uditiva: e qui non si parla di metter su 4-5 elementini da band ma di saper compattare una folta schiera di “dirottatori” preparati, idonei a consegnare al mercato un prodotto “smeraldico” il cui bagliore cangiante sfavilla solo con attente risoluzioni ed indiscussa tecnica. Se collettivi come gli High Jackers ne nascono uno ogni morte di Papa, ci sarà pure una sensata ragione, no? (Max Casali)