recensioni dischi
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WILLIAM BASINSKI  "On time out of time"
   (2019 )

Alcuni artisti hanno la fortuna di rappresentare lo zeitgeist del tempo in maniera involontaria. O, forse, per effetto della sincronicità junghiana, nulla avviene per caso? Fatto sta che l’artista elettronico sperimentale William Basinski iniziò il suo più celebrato lavoro, il primo “The Disintegration Loops”, recuperando vecchi suoi nastri da riversare in cd che risultavano rovinati: era il 2000. In quell’opera, Basinski reiterava ossessivamente un loop, che nel corso del tempo si logorava sempre più, dando l’idea di una costruzione che si sgretola. Bene, i lavori terminarono proprio l’11 settembre 2001, mentre le Torri Gemelle venivano davvero distrutte. La storia ora sembra ripetersi, con un evento ben più felice. Nel 2017, William ricevette un lavoro di commissione dagli artisti visuali Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand, per le loro installazioni “ER=EPR” e “Orbihedron”, in collaborazione col fisico Jean-Marc Chomaz e LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory). Partiamo da quest’ultima sigla. L’osservatorio LIGO utilizza gli interferometri laser, aggeggi che servono a studiare la composizione delle onde gravitazionali. In questo caso, Basinski utilizza i loro risultati a proposito dei suoni registrati dalla fusione di due buchi neri supermassicci, accaduta più di 1 miliardo di anni fa. Il lavoro si intitola “On time out of time” e viene pubblicato l’8 marzo 2019 su etichetta Temporary Residence. Bene, ora ricordiamo tutti che il 10 aprile venne diffusa la prima immagine ottenuta di un buco nero, o meglio del suo orizzonte degli eventi, dimostrando finalmente che Einstein aveva ragione. Leggendo il racconto dell’astronoma italiana Violette Impellizzeri, scopriamo che in realtà il 10 aprile era solo il giorno stabilito per la diffusione di quell’immagine, ma in realtà per la comunità scientifica, tale immagine era già disponibile tre mesi prima. A riprova della clamorosa contemporaneità dimostrata da Basinski! In “On time out of time” ci sono due tracce: la prima, di quaranta minuti, si intitola per l’appunto “On time out of time”, e la seconda, di poco meno di dieci minuti, “4(E+D)4(ER+EPR)”. Nella prima, siamo immersi in un suono celestiale che si rifrange costantemente, e ci lascia cullare nello spazio, come un kubrickiano Bambino delle Stelle. Negli ultimi minuti di questo volo, il suono celestiale sfuma, e ci lascia da soli con dei loop di impulsi rumorosi e una sorta di vento cosmico. La seconda comincia repentinamente da un sibilo iridescente, raggiunto da una serie di due accordi di settima minore, distanti un tono dall’altro, eseguiti da un suono che ricorda le atmosfere amorose da lounge music, le musiche di due amanti nascosti in un motel di lynchana memoria. Calati in questo contesto, il risultato è quasi calmante e meditativo, se non fosse che il soffio sibilante iniziale si rende sempre più acuto, nello scorrere dei minuti. Concetti di staticità e dinamicità si fondono, come nei buchi neri, il tempo si dilata e si comprime. Buon viaggio nell’iperspazio! (Gilberto Ongaro)