recensioni dischi
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PINK FLOYD  "Atom heart mother"
   (1970 )

Nel 1970 i Pink Floyd erano nel pieno del loro maggior periodo creativo: dopo un disco come "Ummagumma", nel quale gli orizzonti si espandevano all’inverosimile, la band, forse sempre più auto indulgente, forse più conscia delle sue capacità e decisa a centellinarle, pubblica un disco ibrido come “Atom Heart Mother”.

Il lavoro è formato da due lunghe suite e tre brani pop; questo fatto è forse segno di debolezza, di indecisione, oppure è sintomo che il gruppo sa fare tutto ciò che desidera e sa muoversi in ogni ambito musicale? Di sicuro c’è solo che la frammentarietà di questo disco confluirà in risultati ben più omogenei e anche di successo nel futuro imminente della band.

Tornando alla musica, il progressive è in piena espansione, l’Inghilterra è invasa da nuovi gruppi prog e i PF si fanno influenzare; il risultato è comunque caratteristico.

“Atom Heart Mother” è una suite di 25 minuti; l’incapacità di far coesistere molte melodie (a differenza di altri gruppi prog) porta alla creazione di una specie di enorme digressione, dove il tema centrale semplice è contornato da sterminati ricami; il suono resta psichedelico ma, pur essendo un brano stupendo ed interessante, questo cambio di stile è più sinonimo di mancanza di carattere che voglia di innovare. Infatti non è raro imbattersi in momenti di noia o di intrattenimento basso; i Pink Floyd non erano fatti per canzoni del genere.

Se si analizza ad esempio “A Saucerful Of Secrets”, si nota uno sviluppo lineare del tema, in cui le parti diverse si succedono; qui invece è presente una sorta di ciclicità che alterna il tema della canzone a momenti orchestrali di puro ornamento. Continuo a dire che il risultato è parimenti gradevole, l’orchestrazione sopraffina e le musiche coinvolgenti, ma concettualmente debole.

Dopo questa epopea, troviamo tre semplici canzoni pop: “If” con i suoi dolcissimi vocalizzi, “Summer 68” con il suo incedere incalzante, e “Fat Old Sun”, ammiccante avvicinamento al beat. In chiusura la seconda lunghissima suite, “Alan’s Psichedelic Breakfast”. Tutto consiste nei rumori della colazione di Alan intelaiati nel solito furbo paesaggio sonoro. La musica concreta nel suo aspetto meno interessante.

In conclusione, “Atom Heart Mother” è un disco ineccepibile dal punto di vista formale; i quattro si dimostrano degli esteti non comuni e sanno sfruttare generi e mode del tempo per richiamare ancora più attenzione su di loro. Forse ci sono delle carenze dal punto di vista del concetto, considerato che ci troviamo di fronte ad un gruppo che sa fare molto di meglio, ma preferisce uniformarsi agli standard del periodo.

Un lavoro più che buono, ma poco sincero e senza personalità. (Fabio Busi)