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RAFAEL ANTON IRISARRI  "Solastalgia "
   (2019 )

Nel suo nuovo album, Solastalgia (appena uscito per Room40 Records), Rafael Anton Irisarri, compositore, polistrumentista e produttore, immagina scenari futuri, apocalittici e imprevedibili, ai quali probabilmente nessuno di noi riuscirà mai ad assistere. Nel creare questi panorami di possibili realtà tesse un immaginario complesso, fitto di riferimenti colti alla musica classica sperimentale contemporanea, all’avanguardia e all’elettronica.

Ciascuno dei due grossi nuclei – due vere e proprie suite – di Solastalgia è un distorto riflettersi dell’altro. Rafael Anton Irisarri dipinge scheletrici resti di vite immaginate e frammenti irriconoscibili di universi paralleli, che si incrociano e si influenzano tra loro in un rincorrersi di massimalismo e fantascienza, di frequenze e segnali, di immagini e segni. La prima suite, “Solastalgia”, è formata da sei movimenti. “Decay Waves”, che apre il discorso, è un oceano di rimandi e innovazioni: c’è Brian Eno reso più barocco, ci sono Jon Hopkins e la sua raffinatezza, c’è persino un muro del suono degno del migliore shoegaze.

La cultura musicale e non solo di Irisarri è un crogiuolo di rimandi e carezze: presto ci si perde in una galassia di suoni che ti catturano sin dall’inizio. I passaggi di umore e di stile, e si pensi in particolare alle differenze che intercorrono tra la inquietante e industrial “Coastal Trapped Disturbance” e la quasi eterea “Kiss All the Pretty Skies Goodbye”, convivono egregiamente. Anche “Chrysalism” colpisce dal primo ascolto; più dura e rarefatta è invece la chiusura, “Black Pitch”, che lascia tutto in una condizione di incertezza.

La seconda suite, “Agitas al Sol”, è formata da due soli movimenti, intesi come quasi impossibili da separare tra loro. Spunta, qui, addirittura Goldie, con le sue epiche sinfonie di inizio e metà ‘90s, e i grandissimi Orb, in un’opera, questa, maggiormente votata all’elettronica pura e meno influenzata da altri generi come lo shoegaze o l’industrial. La spaventosa “Atrial” dà il via a un inseguimento interstellare che “Cloack” non intende affatto chiudere, volendo, anzi, prolungarne la sensazione nella mente, eroticamente stimolata, dell’ascoltatore, che ormai è rapito da Irisarri e dal suo coinvolgente, intricato discorso. (Samuele Conficoni)