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SIMONE PIVA E I VIOLA VELLUTO  "Fabbriche polvere e un campanile nel mezzo"
   (2019 )

I friulani son gente tosta, che non lascia nulla al caso e sa cosa vuole, prefiggendosi di raggiungere sempre l’obiettivo prefissato. Quello di Simone Piva è piuttosto chiaro: divertirsi e battagliare con un percorso musicale, iniziato nel 2009 con il demo “Diario postumo di una sbornia”, ed ora rimarcandolo col nuovo album: “Fabbriche polvere e un campanile nel mezzo”, uscito sotto l’egida delle labels Music Force e Toks Records. Insieme ai Viola Velluto (Alan Libeale, Federico Mansutti, Francesco Imbriaco e Matteo Strazzolini) ha incamerato, in dieci anni di militanza, un fitto palmares di lodi, recensioni, citazioni letterarie in un trittico di libri, ed apparizioni live di un certo spessore (come supporto, tra l’altro, a Nada, Morgan, The Zen Circus). I nove brani del nuovo album non si distaccano troppo dalla matrice stilistica degli ultimi anni e rilanciano, con apparati credibili, il discorso che anela Simone Piva: ossia quello di poter irradiare nel pentagramma veemenza e tenace dolcezza, senza risultare patetico. Dopo la “Intro” di rumori, accordi gitani e risate, si fa sul serio con l’incalzante “La battaglia infuria” che Simone, al contempo, sa “sporcare” ed accarezzare con bella grinta e misurato garbo. E’ ora di farci subito una bevuta di tequila con “Da dove vengo”, scatenando un ludico shaking corporale, nel quale la vedo dura rimanere impassibili di fronte a cotanto ritmo. Ed i Viola Velluto che ruolo giocano? Di certo, non sono i “Cani sciolti” citati in traccia 4 ma una band che armonizza ed orla su misura le concezioni assemblative dello sceriffo Piva, seguendolo in ogni mossa con fedele estro, senza incappare in “Imprevisti”, se non per tirare il fiato con questa Vellut(ata) ballad tra piano e chitarra. Il serrato country di “Oggi si uccide domani si muore” è una fuga a perdifiato, con stilizzazioni irish e fiati che veleggiano in orizzonti weat-coast, mentre gli inserti di tromba in “Sergio Leone” rievocano ricordi del Gran Maestro con un’esecuzione equilibrata e lievemente nostalgica, imprimendo al brano il sapore di una dedica centrata e non retorica. Invece, in “Questa estate” le cose cambiano un po’, donandoci un episodio di rock mitigato che, stavolta, Simone non riesce a fare completamente suo, complice una scrittura poco fantasiosa, benché non manchi mai la grinta narrativa. Ma, “Il destino di un uomo” non dipende certo da un piccolo inciampo, ed il Nostro si riscatta, prontamente, con questa chicca finale che coniuga fermezza e dolcezza, ponderazione strumentale e scosse verbali. Non abbiate pregiudizi per “Fabbriche polvere e un campanile nel mezzo”: un album “bastardo”, di cui il Nostro va fiero del significato tra le virgolette poiché “Il Bastardo è rivolto a tutti quelli che credono davvero in ciò che fanno…”. Piva docet! Ve l’avevo detto che i friulani son tipi tosti… (Max Casali)