recensioni dischi
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PROTOCOLLO C  "Protocollo C"
   (2019 )

Debutto discografico per il quartetto piemontese dei Protocollo C, con un lavoro interamente strumentale dalle venature marcatamente progressive ma che non disdegnano atmosfere psichedeliche, in grado di richiamare alla mente sonorità passate pur restando al passo con i tempi. Alessandro Aiello alle tastiere, Marco Vona alle chitarre, Daniele Saglia alla batteria e Alessandro Dellarocca al basso si sono lasciati guidare dall’istinto e anche dalla consapevolezza che il Progressive è un flusso immaginifico di emozioni da vivere e da far vivere. Per questo l’omonimo album non ha bisogno di parole ma di un ascolto attento e profondo, possibilmente ad occhi chiusi. Dall’opening track (“Adolescenza”) alla decima traccia che chiude il disco (“Flashback”) si ha come l’impressione di avere a che fare con un recipiente sonoro, e sta all’ascoltatore e alla sua capacità di immaginazione riempirlo con ciò che più lo aggrada. L’Hammond caratterizza ogni singolo brano e gioca con le chitarre che vengono sostenute egregiamente da basso e batteria: il tutto in un richiamo attento, ma senza nostalgia alcuna, a quel sound anni ‘70 che tanto ha contribuito a decretare il successo dei mostri sacri del Rock e della Psichedelia. Passando da “Maturità” a “Perdita Della Routine” si attraversano atmosfere inquiete, instabili ma anche una vibrante energia, che si apre alle possibili improvvisazioni nelle esibizioni live. Ritmo ben cadenzato in “Premeditazione”, con un occhio rivolto alle Orme, mentre sonorità floydiane in chiave moderna si aprono in “Metamorfosi Degli Innocenti” e “Fierezza”. Un clima più disteso caratterizza “Presa Di Coscienza”, cui fa da contraltare la variabilità ritmica di “Consapevolezza”. Nevrotica appare “Goodbye Italia”, con le sue atmosfere cangianti e le tinte fosche che si alternano alla spensieratezza sonora. “Flashback”, con i suoi oltre nove minuti, è una miscellanea sonora e ritmica che si pone a chiusura di un lavoro che trova la sua originalità nella scelta azzardata (ma in linea con il Progressive) di esordire con un disco interamente strumentale. Se questo è il biglietto da visita dei Protocollo C, c’è da ben sperare per il futuro, perché il quartetto di Cuneo ha talento e una grande sintonia. La musica nata in una vecchia cantina adibita a sala prove ha oltrepassato le pareti umide in cui era confinata e si è trasferita sul palco fino a materializzarsi in un disco che vale la pena ascoltare e riascoltare. (Angelo Torre)