recensioni dischi
   torna all'elenco


ANTILABE'  "Domus venetkens"
   (2019 )

Da Treviso gli Antilabé danno alla luce il terzo capitolo della loro carriera e lo fanno in grande stile con “Domus Venetkens”. Dieci prog-suite che tessono le trame della storia di un popolo, quello veneto, che si è stabilito nel nord-est italiano dopo un lungo percorso e anni di migrazioni. Un album ricco di contaminazioni jazz, sonorità mediterranee, ammiccamenti alla musica classica e venature etniche, frutto della sinergia di Graziano Pizzati (pianoforte a coda Steinway e tastiere), Adolfo Silvestri (basso acustico, elettrico e fretless, bouzouki), Carla Sossai (voce), Luca Crepet (batteria, percussioni, vibrafono), Luca Tozzato (batteria, percussioni) e Marino Vettoretti (chitarre, synth guitar, flauto dolce). “Domus Venetkens” è impreziosito dai contributi di Piergiorgio Caverzan (clarinetto basso, sax soprano), Sara Masiero (arpa celtica) ed Elvira Cadorin (voce) che arricchiscono di rimandi ai fasti degli anni ‘70 un lavoro Progressive di tutto rispetto. Il disco apre le porte alla suite e alla sua maestosità con le note del pianoforte a coda del 1921 già con l’opening track “Enetioi”, che nei suoi quasi sei minuti è il biglietto da visita di sonorità esaltate dalla finezza stilistica dell’ensamble. La vivacità del piano favorisce il graduale ingresso di tutti gli strumenti, cullando l’ascoltatore lungo le dolci note della suite, fino a condurlo alla spensierata “L'è Rivà Carnoval”. Un continuum lega un brano all’altro, un passaggio da un’atmosfera all’altra con diverse contaminazioni mai sopra le righe: si passa così dalle rarefazioni di “Ignote Visioni” alle magiche note danzanti di “Glavize Visokoska” le cui tinte orientaleggianti e i suoni mediterranei si impadroniscono dell’ascoltatore per lasciarlo successivamente “In Balia Dei Flutti”. Quest’ultimo è un affascinante intermezzo progressive che non lascia nulla al caso e nonostante la brevità (poco più di due minuti) trasuda di pathos. Strizza l’occhio alla musica popolare “Orria Festa”, con le sue briose armonie e giocose atmosfere che confluiscono nella riflessiva quanto essenziale “Ionis Kolpos”, inciso strumentale che sfocia con delicatezza nei setti minuti di “Yi Eleuthera”: sole mediterraneo e un incedere frivolo che via via si arricchisce di sfumature sonore sempre più coinvolgenti. L’inquietudine di “Pythia” dura solo due minuti prima di aprirsi all’intensità di “Gangra”, che chiude un lavoro raffinato e introspettivo. Un disco, quello degli Antilabé, magistralmente arrangiato, curato nei dettagli e ben orchestrato con le sue ritmiche edulcorate e mai banali, frutto della ventennale esperienza della band. (Angelo Torre)