recensioni dischi
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ANDREW POPPY  "Hoarse songs"
   (2019 )

Andrew Poppy è un musicista, compositore e arrangiatore originario di Kent, in Inghilterra. All’interno della sua vastissima discografia, ha esplorato elettronica, suoni acustici e musica sperimentale, legandoli indissolubilmente a un’esperienza che diventa anche visiva grazie al ruolo di visual e performer. È proprio in questo contesto che si iscrive anche “Hoarse songs” (appena uscito per Field Radio), ultimo lavoro di una produzione ricca e variegata: pensato ancora come album musicale e performance in senso più ampio, l’album vede l’intreccio di pianoforte, suoni elettronici e campionamenti orchestrali oltre, ovviamente, alla voce. L’album si apre con le note morbide del piano di “Song tide (interrupted)” e comincia a mostrare tutta la sua complessità nel singolo “Rainy must kiss everybody”: voci sovrapposte e accompagnamento scarno all’inizio, quindi un’ipnotica coda sorretta dai fiati. “Wave machine (endless parting)” resta più fedele a schemi elettronici, mentre “Downside up” lascia più spazio a tutti i musicisti che hanno collaborato con Andrew Poppy per questo lavoro. “What Alice said” disegna atmosfere filmiche, poi “Riderless” torna a flirtare con elettronica e acid jazz. Nella seconda metà, invece, figurano brani un po’ più sperimentali: prima “What is this place”, che racconta di un’anima teatrale mai del tutto sopita, poi “Cyber spark” e “XY song”, complessi in termini strutturali e compositivi. A suggellare “Hoarse songs” è “Hoarse”, che si impernia per quasi tutta la sua durata soltanto al piano e alla voce, riprendendo l’opener. “Hoarse songs” è un’esperienza sensoriale completa, che non può esprimersi totalmente con il solo aspetto musicale, già di per sé comunque ricco di spunti e incredibilmente affascinante. (Piergiuseppe Lippolis)