recensioni dischi
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T.A.T.U.  "200 km/h in the wrong lane"
   (2002 )

Vai te a capire cosa capiti in Russia. Perché la storia delle due fanciulle è di quelle buffe buffe. Lena una, Yulia l'altra. Strane storie dietro, dove vattelappesca quale possa essere la verità: cantavano insieme in un coro, si comportavano male, lesbicheggiavano, si masturbavano, chissà poi quanto c'era di vero e quanto di inventato. Incisero un album, che venne intercettato dal marpionissimo Trevor Horn, tradotto in inglese, e lanciato sul pubblico pagante con, ovvio, nessun problema a rimescolare nel torbido. "All the things she said" sembrava un inno all'amor saffico, e le due non si risparmiavano: andarono al Festivalbar, si slinguazzarono con gioia, e il giorno dopo ne parlavano tutti. L'album non era nemmeno malaccio, perché Horn alla fine il suo mestiere lo sa fare, e con pop aggressivo mischiato a questa immagine da lolite lesbiche la formula non poteva non avere successo. Piacevano alle ragazzine, specie quelle che magari non avevano esattamente gusti sessuali ben definiti, e piacevano ai ragazzini, che non avrebbero disprezzato un buttarsi in mezzo alle due. Certo, non stiamo parlando di un capolavoro (vai te a spiegarlo, ai pischelli, cosa fosse "How soon is now", cover degli Smiths, prima dello strazio perpetrato dalle ragazzottine), ma si poteva ascoltare. Se poi c'era nell'ascoltatore un che di perverso, tantomeglio. Troppo assurdo per essere vero, i nodi vennero al pettine nei mesi successivi: va bene i bacetti, ma proprio lesbiche non lo erano: Yulia rimase incinta, e non essendo passate né stelle comete né re magi in giro per la Siberia, si poteva presumere che la produzione del "frutto del peccato" fosse avvenuta in modo canonico. Tutta scena. Sarebbero riapparse, meno lolite e più donne, ma non sarebbe più stata la stessa cosa. Di certo, a Trevor Horn le cose normali non piacciono. (Enrico Faggiano)