recensioni dischi
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LA METHAMORFOSI  "Guai"
   (2019 )

La Methamorfosi riporta in auge il grunge, assieme ad influenze doom e in supporto a testi cupi ma diretti. “Guai” è un album in cui si sente che le canzoni sono costruite principalmente sui riff di chitarra, tanto che questi sono l’elemento più incisivo nelle registrazioni. La voce, che come timbro sembra posizionarsi a metà fra l’aggressività di Soundgarden e Pearl Jam e l’acidità di Capovilla nel Teatro degli Orrori, spesso viene sovrastata dalla musica. La voce mantenuta dentro il mix è una tipica scelta americana, ma talvolta rende difficoltoso l’ascolto delle parole, che pur non sono troppo scontate. Ad esempio le invettive contro l’uomo di successo che elargisce lezioni di vita non richieste, in “Verme”: “Sai che parli troppo, parli con fierezza, essere il migliore è la tua certezza, tu che hai capito come va la vita, pensi di insegnarci come va venduta”. O le canzoni rivolte a una donna, che rivelano tensioni meno ovvie di quella sessuale e più interessanti di quelle sentimentali, come in “Non cambia”: “Per me non cambia, non so per te... Ti prego aiutami, sono fuori sai”. O come in “Mia”: “Chiudiamoci in un mondo perfetto che non vuole finire”. Gli arpeggi della chitarra con tremolo riportano quel sound del disagio così caro negli anni ’90 ma ancora così sostanzialmente attuale, al di fuori delle mode e dritto nelle viscere delle persone di oggi. Come dice un altro pezzo che potrebbe fungere da manifesto, siamo infatti “Malati dentro”. Sopra i graffi della chitarra ritmica di “Senza di te”, l’altra chitarra in strofa intona tre note che ammiccano al gotico. C’è in effetti una predilezione per le progressioni armoniche che virano in diminuiti o quarte eccedenti, che tradotte in termini non tecnici stanno per cliché dell’horror e della paura. Come nel finale esplosivo di “SP (Sostanza Piacente)”. Il pezzo di chiusura “Inadatto” spegne (momentaneamente) la distorsione, ed è un commiato introspettivo: “Come quando si muore, non mi resta dire la mia verità; non mi salverà, mi sento inadatto, con la pace dentro me. Sto guardandomi allo specchio, non sono più come fare”. La Methamorfosi dà una voce a chi silenziosamente si sente outsider, in questa realtà competitiva e senza scrupoli. (Gilberto Ongaro)