recensioni dischi
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CLEISURE  "Hydrogen box"
   (2019 )

Quando la musica non si limita ad essere semplicemente proposta, ma in sé racchiude concreti significati, non resta che accogliere con fervore esordi come “Hydrogen box” dei Cleisure: power-trio campano di Bisaccia, pronti a ricordarci (con i 10 capitoli del disco), quanto il presente giochi sull’illusione, sul chimerico libero arbitrio e sulla viralità effimera. Nati un migliaio di giorni fa come Slamina e poi scissi in Cleisure, scendono in campo calando l’apertura con “Broken tiles are attracting the mailbox”, che si lancia su stesura nervosa piuttosto british, con evidenti richiami agli Arctic Monkeys. Poi, quando attaccano “Locked in a pocket”, traslocano su tessuti garage-wave dal forte attrito per ostentare quell’energia indomita che li accompagnerà per tutto il circuito dell’opera. Ora copritevi, perché soffia l’uragano di “The illusion lies but you’re still a machine”, e spazza via ogni tentativo di resistenza all’immobilismo. Dopo il tribal-punk di “Terror-sruck” l’aria si “inquina” con “Pollution”, in un mix di follia e distopico alt-rock. Allentano il morso della briglia con “Maze marauder” per calpestare con zoccoli shoegaze, e riprendono a trotterellare con immarcescibile ideologia nell’impaziente “Whay”. Invece, l’inafferrabile “Television is a trip for kids” sfugge a qualsiasi etichetta: talmente diversificata nella ritmica che diventa praticamente incatalogabile. Shoegaze? Un po’. New-wave? Anche. Psyco-punk? Perché no? Unica? Sicuramente! Un gran pezzo che serve a perdonare il successivo inconsistente episodio di “Mask attack”. Tanto già lo sapevo che, con la conclusiva “Accross the stormwalk”, tutto si sarebbe rimesso a posto con un graffio di fantasia filo-funk-rock, sfruttando i fantasiosi guizzi ideativi che fomentano nelle sinapsi del trio irpino. Il proverbio che “non tutti i mali vengono per nuocere” è stato ampiamente dimostrato in questo lodevole esordio, poiché la spaccatura all’interno degli Slamina non ha fatto altro che attizzare maggiormente i fuocherelli compositivi di Terenzio, Cristian e Mattia, appoggiando sugli alari di “Hydrogen box” la brace bollente di una filosofia consapevole, che guarda all’illusoria libertà con occhi analitici ed incrollabilmente reattivi, come dovrebbe essere di norma, per non essere zavorrati sul fondo di un baratro già da tempo strategicamente apparecchiato da Lor(di) Signori. (Max Casali)