recensioni dischi
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ANDREA ROMANO IL FRATELLO  "La famiglia non esiste"
   (2019 )

È ironico, che un artista che si celava dietro il moniker “Il Fratello”, pubblichi un album intitolato “La famiglia non esiste”. Ma così accade, per Andrea Romano, cantautore siracusano che si presenta col proprio nome e cognome accanto al nome d’arte, che prima rappresentava un numeroso collettivo. In questi dieci pezzi c’è una riflessione personale di Andrea, circa le relazioni umane, ed i rapporti con i ruoli prefissati. Ma i testi, al primo ascolto, risultano parecchio densi di perifrasi, allegorie e metafore, come degli enigmi da sciogliere, quindi ci troviamo di fronte ad un linguaggio parzialmente criptico. In quasi tutte le canzoni, c’è da sottolineare l’interessante lavoro del basso, sul suono e sull’intenzione, che in certi episodi ricorda i film polizieschi rievocati dai Calibro 35, come ne “La giovane coppia”. Sensazione corroborata dalle parole, che sembrano descrivere un evento da un punto di vista esterno, come quello di una spia: “La giovane coppia ringraziò chinando il capo (…) i cento eroi che saranno commemorati domani, hanno dato tutto ciò che è umanamente possibile dare”. Ma poi chi canta entra in prima persona, essendo incaricato di gettare la corona di fiori, “dono del popolo al popolo”. Lo sguardo passa repentinamente da un evento pubblico a uno sguardo privato, a una “faccia tremante che si affannava”. In “Estate di ghiaccio” emerge un pessimismo di fondo: “Qui non ci sarà più niente da fare se non ricordare che i nostri sogni sono senz'altro andati a puttane, se non dimostrare che le certezze sono soltanto roba da ridere”. Un volo pindarico permette la nascita di un titolo come “Sexy Siracusa (perdere il Canada)”. “Nella pace del paese perso lasciando perdere i compromessi, la storia delle nostre pistole, mostrai il vostro sangue che frigge e assume tutta un'altra bellezza (…) Perdere il Canada nella disgrazia (…) gente che parla nessuna lingua”. Il testo implicito, conclude considerando che la felicità è solo “questione di DNA”. Sopra dei suoni liquidi e frizzanti, “In pieno caos” si focalizza su dettagli significativi di una relazione: “Ti voglio vedere anche per un gelato, con gli occhi sfiorare la tua lingua leccare. Sono anni che non ho più voglia di crescere, ma la mia pelle si ricorderà di te, siamo in guerra io e te, in pieno caos io e te”. Un 6/8 con basso che cammina e batterista swingante, caratterizzano “Nel bere e nel male”. Sembra una dedica ad un uomo senza mai definirlo, una volta rispettato ed ascoltato, che tentava sempre “d’addolcire il mare”. “La stazione dell’amore”, con la voce maschile doppiata da quella femminile dell’ospite Federica Faranda, e certi suoni vintage vibranti di chitarra e tastiera, è quella con l’arrangiamento più riconoscibile in questi anni di videoclip dai colori smorzati (sto pensando ai video di Francesco Lettieri), che recuperano la patina del passato, reinterpretata in chiave odierna. I suoni si fanno distesi per la sognante “In un parco di stelle”, mentre “Odio la melodia” sembra un lamento cadenzato, che fa emergere un disagio verso certi tipi di canzoni e le loro melodie, forse alludendo alla retorica che si crea dietro i temi di quei brani: “Io odio la melodia nelle canzoni che parlan d'amore, e anche in quelle che parlan di morte, e anche in quelle che parlan d'infanzia, e anche in quelle che parlan di piazze nella rivolta contro il potere, e anche in quelle che parlan di noi”. Un fischiettio introduce “Mi guarda”, altro pezzo placido, che con disinvoltura parla di un cedimento alla stanchezza: “Il tuo volto smarrito perduto cadrà, strafatto di responsabilità”. “Non mi dedico più a te” chiude l’album, e torna in evidenza il basso, specie nelle strofe. Anche qui il testo parte da una situazione per arrivare ad altro: “Pescavo sul fondale basso molta luce (…) abbandono ogni sorta di mania, non mi dedico più a te (…) rimane poco tempo alla tua invincibilità”. Su queste parole Andrea termina di comunicare, lasciandoci con la musica e un messaggio telefonico in tedesco. Il risultato è qualcosa di non immediato, ma da riascoltare con curiosità, per essere sviscerato con attenzione. Perché se la famiglia non esiste (è una convenzione consolidata ma falsificata nei secoli di stratificazione dei significati), resta da capire cosa esce dal caos che si vede abbandonando la convenzione. (Gilberto Ongaro)