recensioni dischi
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JOSY & PONY  "Eponyme"
   (2019 )

A due anni dal primo EP, debuttano sulla lunga (ma non troppo) distanza i Josy & Pony, formazione guidata da Josette Ponette e completata da alcuni membri dei Poneyman. I Josy & Pony sono autori di una proposta decisamente autentica, che in “Eponyme” tradisce la sua chiara ispirazione dagli anni sessanta francesi, ma racconta anche di una ricerca tutt’altro che banale nel mondo del rock. Nonostante otto dei nove brani siano condensati in meno di ventidue minuti, Josy & Pony riescono a giocare col garage, col post punk e pure col punk rock, il tutto restando entro schemi new wave filtrati attraverso dosi leggere di psichedelia. Il cantato è in francese, teso e a tratti urlato, e appare perfettamente integrato con un contesto nel quale i brani sembrano correre via a grandi velocità. L’album si apre con “Secte Èquestre”, dopo l’introduttiva “Hell Horse”, che si affida a uno schema ripetitivo, ma tremendamente efficace, con un cantato suadente e irresistibili aperture nel ritornello, e si chiude con la schizofrenia di “Epilogue: Manège A3”, durante la quale una voce infantile ed effetti sonori si intersecano ininterrottamente, a creare una sensazione decisamente straniante. Ma, nel mezzo, l’album brilla in diversi momenti: “Sullivan”, che flirta col punk e ammicca allo shoegaze in coda, “Anon Petit Con”, con un incedere ipnotico, pregno di (neo)psichedelia e vicino agli Hookworms più educati, ma anche nelle strofe post-punk di “Indécent pur-sang”. “Eponyme” è molto più che il prodotto di un progetto parallelo: è un album fresco e ispirato per tutta la sua durata, dove tante idee si incontrano ed esprimono al meglio il proprio potenziale. (Piergiuseppe Lippolis)