recensioni dischi
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LOLA AND THE WORKAHOLICS  "Romance"
   (2019 )

Un esordio bollente per Lola and the Workaholics, dalla “rossa” Livorno, intendendo con rosso il colore della passionalità. Eh sì, perché il dub della band, che rimanda così tanto a quel cosmpolitismo urbano europeo, tanto diffuso da metà anni Novanta a metà anni Zero, accompagna la voce di Aurora Cosimi Loffredi, intenta a vestire i panni della femme fatale. L’album di debutto “Romance” inizia infatti con “Diva”, con un’armonizzazione fra violino e voce, e il cantato, alternando piccole fasi recitate, racconta una sera fra seduzione e fuga dal solito uomo banale: “Potrei essere un'altra per te, farà lo stesso, non mi stare più addosso, sei come un cane con l'osso. Mi piace quando ti piaccio, ma poi che faccio, ti guardo di ghiaccio, penseresti che sono pazza di te, e invece vorrei esser solo gentile, ti accolgo solo un momento così sei contento, ancora un lamento per un istante, un frammento di me. Non sono un contenitore, i tuoi discorsi non li sopporto più”. Il dub strizza l’occhio con tutta evidenza al reggaeton, ma poi dal secondo brano in poi si entra a pieno titolo nel reggae più standard, col suono di piano in levare e il basso massaggiante come lo conosciamo, con arpeggi di chitarra con tremolo. “Kiss me” inverte l’approccio del primo pezzo: “Kiss me quick, kiss me hard”. Il passaggio dall’italiano all’inglese è la naturale inclinazione dell’internazionalità del genere, e in “Obvious” ad un certo punto viene ripetuta una frase come un mantra, fino al parossismo: “You’re equal but different”. Si prosegue a dondolare al rallentatore con “Libera”, dove si possono meglio apprezzare le doti vocali di Aurora, tra vibrati e falsetti espressivi, e le parole prendono il volo pindarico: “Se pensiero e pensato potessero ancor volare, il ritmo del tempo che sai ti sta per ascoltare, i solchi disegnano il volto dei sogni rimasti. [Pausa di versi vari] Canto dall'oblio che presente non è, poesia del mondo sognante appeso, attesa della sospensione dal grido, echi distorti che incidono un disco pulito”. Il violino poi marca la dimensione onirica, inserendo arpeggi vivaldiani nel dub. Un pizzicato del violino caratterizza poi l’arrangiamento di “Romance”, trip hop cantato in francese, che accompagna un videoclip con mimo e bambini spettatori. Una melodia di chitarra sognante sta invece al centro di “Lullaby”, reggae dalle parole altrettanto sognanti: “The pillow is a beautiful boat (…) in the ocean up the wishes, you can find a lot of fishes”. Altra ipnosi sui due accordi di “Curry muffin”, e l’album finisce con gli accordi cromatici di “White rabbit”, dove Lola/Aurora si rivolge ad Alice con i rimandi letterari del romanzo di Carrol: “Remember what the doormat said, fill your head”. Tra fiabesco ideale e terreno viscerale, i Lola and the Workaholics ci riportano così in quella suggestione di un mondo libero, meticcio e senza confini, sogno che sembra essere stato messo al bando e cacciato a calci da questi tempi di sovranismi, paure fomentate e guerre tra poveri ben giostrate. (Gilberto Ongaro)