recensioni dischi
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CULTURE CLUB  "Colour by numbers"
   (1983 )

"Do you really want to hurt me" aveva fatto il boom. Boy George, e i suoi multiculturali amici, avevano l'abitudine di sottolineare con dei pennarelli i giorni di lavoro, su un calendario che aveva, appunto, tutti i numeri colorati. Da qui, automatico, il titolo di un album che era attesissimo, dopo una sfilza di singoli di successo. Non c'era giornale che non parlasse di Giorgino, non c'era programma tv che non lottasse per ottenere una intervista, non c'era giorno che la Britannia si domandasse "Che cos'è?": uomo peggio vestito, donna peggio vestita, miglior essere umano, peggior essere umano. Eppure, tra un mascara e un rossetto, il prodotto musicale non era disprezzabile, e questo album ne fu ennesima prova. Solita formula di un pop semplice ma brioso, con sezioni fiati a creare atmosfere caraibiche che, a differenza del precedente 33 giri, strizzavano maggiormente l'occhiolino alle classifiche. "Church of the poison mind", "Karma Chameleon", "Victims" (presentata a furor di popolo anche a Sanremo), "It's a miracle" (con frettoloso video commemorativo di una carriera che, invero, era partita solo 15 mesi prima), e "Miss me blind" (con assolo di chitarra che, leggenda vuole, fu sovrainciso di notte perché George non ne voleva sapere) i singoli estratti. Boy George era stato adottato dal mondo intero, era sbarcato negli USA vittoriosamente e in Giappone si chiedevano come mai il miglior kabuki possibile fosse nato a Londra. Una pietra miliare del pop anni '80. (Enrico Faggiano)