recensioni dischi
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STEFANO RACHINI  "Where the spirit"
   (2019 )

L’improvvisazione è il massimo livello di espressione dell’animo. In nome di tale sano principio Stefano Rachini, pianista/matematico, di estrazione R&B/pop/rock/jazz, realizza “Where the Spirit”. Un album di 10 tracce sostenute da un architrave di quattro particolari composizioni di stampo classico, nate da pura ed autentica improvvisazione (“In the brain”, “Wonder”, “Revelation” e “Lonely soul”). E’ un lavoro di musica strumentale per pianoforte accompagnato da archi ed orchestra, in un contesto ambient e classico contemporaneo, sotteso a celebrare lo Spirito in quel luogo che è ovunque e da nessuna parte. E’ un viaggio sonoro che balza di sensazione in sensazione e che inizia con “Another road to take”. Una partitura di poco meno di nove minuti composta da un andamento riflessivo melodico, continuo nel figurare qualcosa in movimento su strade infinite. Ed è proprio ciò che viene rappresentato nel relativo videoclip. Con questo brano, con il successivo “Lightly so” e con “Faith or Fate” si avvertono maggiormente le prosecuzioni in simmetrie musicali con opere di compositori moderni quali Ludovico Einaudi o Giovanni Allevi, alla corrente dei quali si ritiene appartenga anche Stefano Rachini. Con “Where the spirit” in sottofondo pare percepirsi la presenza di immagini in scorrimento. Immagini in bianco e nero in una sonorizzazione di un film muto. Dove gran parte delle espressioni dalla mimica facciale degli interpreti sono sostenute da sonorità di pianoforte. L’unico capitolo meno interessante è “Now and forever”, con la piccola anomalia di ammiccare a maliziosi motivi da musica leggera, posto che suonerebbe bene in aggiunta ad una qualsiasi forma di cantato. Infine “At the end of the road”, con il suo andamento in crescendo, sembra chiudere il viaggio prima dell’ultima improvvisazione, ed ha anch’essa la particolarità di detenere qualcosa di valido per accompagnare immagini in movimento sullo schermo. E’ l’elogio delle strade. Con l’ascolto di poco più di 55 minuti di melodie, si percorrono tutte le strade della vita, con tutte le scelte e le prese di coscienza esistenziale. E’ un percorso vitale al termine del quale l’artista ci tiene a spiegare che il suo lavoro non è incentrato sulla sua identità. Non ha bisogno di dire chi egli realmente sia. Preferisce commentare il suo lavoro con le frasi di Herbie Handcok, ove viene affermato che la vita non riguarda il trovare limitazioni ma il lato infinito di ognuno. (Vito Pagliarulo)