recensioni dischi
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CRAVEN FAULTS  "Erratics & unconformities"
   (2020 )

Craven Faults è un progetto sperimentale elettronico industrial di origine britannica, che sembra riprendere il discorso mai interrotto dei Tangerine Dream. Sembra. A primo acchito. Viene poi da pensare si tratti di qualcosa di non facilmente afferrabile. Di un progetto dietro il quale non si comprende bene quale musicista ci sia. Sono “viaggi in tempo reale attraverso decenni e continenti e aree della Gran Bretagna settentrionale post-industriale”. Ad un ascolto affrettato, questo "Erratics & unconformities" (appena uscito per The Leaf Label) è un insieme di suoni senza direzione che si ripetono, fino a turbare il cervello. Poi quando ci si riesce a fermare ed a sentire, “il viaggio diventa importante quanto la destinazione”. E la destinazione sembra non arrivare mai, in un viaggio infinito. E il viaggio non può non iniziare se non mettendosi in condizione di percepire quanti più suoni possibili, soprattutto di bassa frequenza. Ed è così che le sonorizzazioni elaborate dai Craven Faults, pensandole sotto forma di immagini in movimento, diventano tante scatole che continuano ad aprirsi, una nell’altra... e il percorso che porta verso qualcosa si fa sempre più lungo, più profondo. E’ un universo curvo che continua a curvarsi all’infinito. E prende il via e prosegue con i suoni a forma simmetrica di “Vacca Wall”, primo non-brano della produzione. Sembra un esperimento elettronico di sintetizzatori che hanno perso il controllo, sì, ma in maniera simmetrica. E, a parte ciò, se si perde il controllo non si può certo sperare nel sostegno del successivo “Deipkier”. Però é così distensivo pensare che quest’ultima sia la migliore traccia della produzione, la più completa. La più facile (forse) da decriptare. Prima di cadere nelle grinfie ovattate della successiva “Cupola Smelt Mill”, che, col tranello della parte ritmica appena accennata, sembra alleggerire l’ascoltatore, prenderlo dolcemente e cullarlo per 09min e 13sec, avanti e dietro, su un letto di onde a bassa frequenza. Chissà verso quale dimensione. E’ un suono psichedelico, nel senso che è proprio il suono a dare alla psiche la sostanza sonora per il viaggio senza movimento. Una specie di trip sonor-lisergico, che però può incappare anche nel bad trip ossessivo di “Slack Sley & Temple”; forse il non-brano più cupo, difficile (a tratti) ed ermetico. Con la ripetizione infinita di un suono gracchiante, che si trasforma man mano fino a somigliare ad un respiro di chissà quale essere alieno. Inquietante, se la si pensa in questi termini. “Hangingstones” invece è un insieme di suoni, prolungati e flebili, che distendono la mente. Una specie di ASMR industrial elettronico con l’indole di un organo Farfisa. Non ha una propria collocazione ma un senso sicuramente sì. Bisogna trovarlo nei meandri della mente, ora, distesa. Per finire poi con “Signal Post”, che a sentirlo sembra qualche strampalata composizione di Thom Yorke in solitaria elettronica. Ci manca solo la voce sussurrata, appena tagliente di “The Eraser”, “Tomorrow’s Modern Boxes” o “Anima”. Un curioso ed affascinante progetto, questo dei Craven Faults, evocante orizzonti sonori che fondono una sorta di psichedelia elettronica così ermetica, così profonda. Così intensa da pretendere l’impegno abnorme dell’ascoltatore. A condizione però che sia curioso ed attento. Solo di questo tipo di ascoltatore infatti si può parlare. Per il resto, il lavoro dei Craven Faults è una quarta dimensione non percepibile ai sensi. (Vito Pagliarulo)