recensioni dischi
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STEIN URHEIM  "Downhill uplift"
   (2020 )

Do you wanna rock and roll? Non vi sento! Rispondete più forte! Do you wanna rock and roll? Sì? E allora andate da un’altra parte. Qui siamo stanchi e ci vogliamo rilassare. Stesi tra le spighe ad osservare il cielo in un pomeriggio domenicale (magari in una stagione calda), l’ideale è ascoltare “Downhill uplift” di Stein Urheim, disco appena uscito per la celebre Hubro Records. Non per questo stiamo parlando di musica chillout o lounge. Le sette composizioni di quest’album contengono una batteria vellutata, tante chitarre morbide, e una ricchezza timbrica, fra sitar, vibrafono, mandolino e percussioni, che contribuiscono a creare una sorta di sobria festa, un caleidoscopio di colori tenui, specie nel brano dall’emblematico titolo “Sound”. La titletrack che apre l’album, è in pratica una lunga ed impalpabile introduzione al secondo significativo brano: “Brave new world revisited again”. Si tratta di una strana mistura fra jazz in 6/8, suggestioni world e ripetizioni psichedeliche ipnotiche. La voce compare di tanto in tanto, ma i suoi interventi sono sufficienti a comunicare un’ulteriore distensione. L’aspetto percussivo diventa importante in “Amalfitano”, dove la giocosità del tema è tenuta a bada da un’esecuzione non agitata. Si riavverte quel particolare mondo sonoro che i Byrds avevano introdotto. Ancora psichedelia sommessa in “Free to go”, fra assoli espressivi ma suonati a basso volume, per non sovrastare il contrabbasso e le rullate di batteria, tanto rapide quanto lievi. Solo in “Lamp”, al centro del brano assistiamo ad un crescendo d’intensità, ma la maggior parte del tempo la chitarra viaggia tra slide e riverberi profondi, mentre il contatto con la terra rimane saldo tramite le percussioni. Il raga rock si fa esplicito infine con “Poor moon”, e con questa il viaggio può compiersi definitivamente. Ottima musica per ritrovarsi, al di fuori del caos urbano. (Gilberto Ongaro)