recensioni dischi
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GARUDA  "Garuda"
   (2020 )

Nella religione induista, e non solo, Garuda rappresenta il mitico uccello divino cavalcato da Vishnu. La sua funzione è di messaggero tra il mondo degli dei e quello degli uomini.

I Garuda sono un quartetto di musicisti dell’estremo ponente ligure, che hanno deciso di dedicare la loro ragione sociale e la loro opera alla leggendaria figura alata, ma tranquilli, niente sitar.

I due fondatori della band, Sandro Donda ed Emma Lercari, provengono dal gruppo reggae dei Barmagrande, e ora hanno invertito la rotta per virare sul rock blues proposto nelle sei canzoni di questo EP. Il loro sound si distingue per pulizia, perizia strumentale e compattezza, anche grazie all’esperienza dei quattro elementi del gruppo.

Infatti, oltre ai navigati Sandro ed Emma (voce/basso e tastiere), si aggiungono Giuseppe Scarpato alla chitarra e Luca Martelli alla batteria, con esperienze con Edoardo Bennato, Litfiba e Piero Pelù.

Sicuramente i Garuda voglio portare avanti il loro discorso senza badare troppo ai trend dell'ultima ora, quindi, pur non suonando attuali, si piazzano in un limbo musicale senza tempo.

I ricchi testi sono dominati da una visione del mondo che richiama la filosofia orientale, con un approccio canoro sempre solare e gentile.

Questa miscela tra canto educato e istanze religiose mi ha fatto ricordare un grande del passato: Claudio Rocchi.

Ogni brano dell'EP regala una rassicurante positiva rassegnazione alle cose della vita terrena: anche quando si cerca la denuncia sociale (“Scegli un nemico”) il tono rimane molto garbato, mai aggressivo.

Il disco scorre bene e cresce con gli ascolti; dall’intro di chitarra blues, tra il gracidare di rane e frinire di cicale, in “Un'illusione magica”, con il testo più rocchiano della raccolta su buddismo e reincarnazione, all’incalzante “Passo passo”, che è anche il singolo scelto dalla band, a “Sono sempre stato libero”, con un ritornello dinamico alla Caparezza, fino alla disamina sulle origine dell'odio di “Scegli un nemico”.

La chiusa è affidata alla claptoniana “All blues (Ho il blues)”, che racconta meglio di tutte le altre canzoni la filosofia della band. “Ho il blues… ma negli occhi ho il sole, le stelle del cielo. Ho un sorriso, un saluto, un abbraccio, una stretta di mano”.

Insomma, ormai non ci sono più dubbi, tra il blues e l’India ci sono i Garuda.

E allora che l’alato Garuda continui il suo volo magico. (Lorenzo Montefreddo)