recensioni dischi
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JAN MARTIN SMØRDAL  "Choosing to sing"
   (2020 )

Occupare la mente col caos. Catturati da un suono ispirato da fenomeni complessi, come il comportamento degli sciami e gli schemi adottati dagli stormi in natura. Accade poi di saperli presenti e di percepirli nei suoni di qualche esemplare concept, come questo “Choosing to sing”, in uscita il 06 marzo 2020 per la label SOFA, del compositore/sperimentatore norvegese Jan Martin Smørdal. Sono opere che spaziano da composizioni soliste a pezzi per orchestra, cori e installazioni. Composizioni per la Ensemble neoN, ovvero un collettivo di compositori e performers di cui Smørdal risulta co-fondatore. Composizioni che creano un'opera in due parti, ciascuna suddivisa in quattro segmenti, che vanno dal nulla più intimo al tutto, inteso come suono prossimo al rumore bianco. Un suono che esplora il cambiamento in continua evoluzione nella ripetizione dei passaggi e nella reazione di chi ascolta. E chi ascolta non sempre è preparato per comprendere, per ricevere il messaggio, per convertire nella propria mente i suoni in concetti, immagini, ispirazioni. Chi ascolta si trova effettivamente di fronte alla combinazione, al travaso, all’elaborazione di suoni. Al trattamento ed alla creazione di suoni che non aggregano armonie sonore. Sono senza ritmiche, senza tappeti sonori, senza voci guidanti. La scarnificazione musicale si presenta come il presupposto principale per esprimere artisticamente quello che occupa il mondo del compositore Smørdal, e tutto viene ridotto al nucleo, all’essenza, all’osso. Dall’inizio che spesso rimarca situazioni di tensione emotiva, che potrebbero essere oggetto di sonorizzazioni alternative per scene da film quali, ad esempio, “2001 Odissea nello spazio”. Si parla della prima traccia “React”, coi suoi nove minuti di variazioni e reazioni. Con la successiva “Choosing to sing I” lo scenario non muta più di tanto, anzi sembra la naturale continuazione del contesto precedente. Una specie di canto delle sirene. Strani pseudo-canti emulati da strumenti a fiato opportunamente campionati, che, con la successiva e breve “Response”, dall’inizio che sembra una sonorizzazione di un risveglio, si convertono in inquietanti lamenti di simil valchirie o esseri di incerta entità. Scenari misteriosi ed oscuri che si ripetono poi anche nella successiva “Choosing to sing II”. Mentre con “Call II” sale la tensione emotiva fino a pensare che si possa veramente sonorizzare una qualche follia d’autore di fattura kubrickiana. E “React II” è la rappresentazione in suoni del caos. E’ l’ideale sonoro di caos platonico, teorico, astratto, espresso per un tempo bastante di oltre otto minuti, in un marasma di rumori ripetitivi ed ossessivi che poi si chetano man mano e si trasformano nell’emulazione dello scrosciare dell’acqua. “Call I” e “Call, but response” sono invece entrambi disegni di scenari tratti col campionamento di suoni (quasi di straforo) di archi e fiati sofferenti. Ed esprimono un po' meno quello che hanno da rappresentare o sono solo composizioni un po' più criptiche rispetto alle altre. Il mondo di Jan Martin Smørdal è un mondo freddo, ermetico, misterioso come la sua provenienza. Smørdal è un compositore non di melodie ma di agglomerati sonori, trattati con l’espediente del campionamento e dell’editing. E’ un artista che appartiene a quella categoria di artisti che non vedremo o sentiremo spesso. Ma fa parte della loro indole. Quella di stare nel limbo. Tra il noto e l’ignoto. Tra la realtà e l’immaginazione. Tra l’anormale e l’impossibile. Ed il volere sforare i limiti del possibile, ai sensi del pensiero alla base di questo “Choosing to sing”, lo rende stavolta addirittura abnorme. (Vito Pagliarulo)