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ZEA + OSCAR JAN HOOGLAND  "Summing"
   (2020 )

Oscar Jan Hoogland è il suono più sperimentale e innovativo dell’Amsterdam contemporanea, un tripudio di voci e rumori che guarda all’industrial, al trip-hop, alla fusion e persino alla techno, senza mai cedere per un secondo alla tradizione. Rimase, Oscar, impressionato quando al Paradiso di Amsterdam vide suonare gli Zea del virtuoso chitarrista e cantante del gruppo, Arnold DeBoer, che scoprì poco dopo essere il suo insegnante di sociologia. Questo istrionico personaggio che mescola punk, indie-rock, sample pop, lo-fi e noise non poteva che catturare l’attenzione di Oscar. Summing, appena uscito per Makkum Records, è un album che non scende mai a compromessi. Certo è difficile e ruvido, ma è anche così appassionante e coerente che non può non convincere.

Passione e coerenza, come dicevamo, che subito compaiono nelle prime due tracce, “They Often Believe” e la title-track “Summing”, escursioni nei più remoti confini del rock sperimentale, del punk, del progressive, con strizzate d’occhio alla fusion e al jazz, con un basso sempre in prima linea, chitarre distorte e ambientali e una voce che pare provenire da un altro universo. “We Lost Our Phone” corre invece nella direzione di quell’electro-pop avanguardistico paranoico e inquietante dei Suicide di Alan Vega, che sembra essere il punto di riferimento dei vocalizzi di questo brano e di “Pniek”, ben più jazzistica anziché industriale, con un tempo difficile, basso, piano e chitarre in totale evidenza a costruire un crescendo pazzesco.

Si diceva che il disco non scende mai a compromessi. Lo dimostra la continua alternanza di momenti di ansia e tensione e improvvisi calando di ritmo e di suono, quasi piccole pause per permettere all’ascoltatore di riprendere fiato. Ma poi si ritorna con un vortice di esperimenti ambiziosi e stranianti. La voce fuori dal mondo di “You’re Dead” è quasi l’Alan Vega di “Frankie Teardrop”, con quel nome parlante che fa sempre venire i brividi, ma c’è tanto addirittura di Brian Eno, di Joy Division (presenti eccome, anche se la cosa non è evidentissima), di Alva Noto, dell’elettronica della Chicago degli ‘80s, della new-wave europea. Certi passaggi di “You’re Dead” ricordano molto il primo Nick Cave coi Bad Seeds, mentre “Pniek” estremizza la sperimentazione sonora e di ritmo degli artisti che hanno creato il progetto.

È una sperimentazione, si diceva, continua e imperterrita, rischiosa e aggressiva, a tratti quasi violenta, imposizione di mani capaci e convinte su un prodotto che vuole colpire nel profondo chi ascolta. La melodia straniante della bellissima “Atomic Heart” sembra guardare ai Beatles, ai Tame Impala, a tanto dello psych-pop Anni Novanta e Duemila, ma persino al lo-fi di Pavement e Neutral Milk Hotel. “I Never Threw a Stone” va nella direzione lo-fi e conduce verso la chiusura, quella di “Trip the Light Fantastic”, un pop psichedelico, strano e lisergico, che dimostra quanto questa unione di generi e idee possa essere versatile e ampia. Summing non delude e fa brillare i componenti di questo strano progetto. (Samuele Conficoni)