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THE MASTER MUSICIANS OF JAJOUKA FEAT. BACHIR ATTAR  "Apocalypse across the sky"
   (2020 )

“Nei vestiti bianchi a ruota echi delle danze sufi”. I fan di Battiato riconosceranno subito questa citazione. Ma la vera musica sufi l’avevate mai effettivamente ascoltata? Io non ancora. Se anche la vostra risposta è negativa, scopriamola insieme ai Master Musicians of Jajouka. Si tratta di una formazione musicale storica (William S. Borroughs asserisce che sia una “band di 4000 anni”), proveniente dal Marocco, che suona musica sacra, legata alla cultura sufi e al paganesimo pre-islamico. Registrarono il primo disco che si potrebbe definire “world music”, quando ancora questa definizione non esisteva (nel 1967), e divennero noti in Occidente anche tramite i Rolling Stones. Ma “Apocalypse across the sky”, l’album che è uscito da poco in vinile per Zehra Records, contiene registrazioni risalenti al 1992. Contando i nomi accreditati, si tratta di 22 persone, tra uomini e donne. Una vera orchestra, in cui molti suonano la lira (intendendo il flauto marocchino), altri il ghaita, tipico fiato dal timbro nasale, suonato con respirazione circolare. Poi chitarra gimbri, tarija, tabla e voci. Senza la precisazione dell’orientamento mistico, potremmo sentirci disorientati, di fronte ai 6 minuti della traccia di apertura “Gabahay”, dove i ghaita ripetono ossessivamente una manciata di note (per giunta su scala araba, che comprende microtoni). I ghaita ritorneranno così in “Memories of my father”, “On Horseback”, “Bujloudia” e in “Bujloudia – Bujloudia dancing with Aisha Qandisha”. Questo nome ricorrente, Bujloudia, è attribuito al (non v’offendete) dio–capra a cui si rivolge anche l’omonimo tipo di musica (boujeloud). Nel libro “Global Minstrels: Voices of World Music” di Elijah Wald, si spiega che “bujloudia” è un termine che definisce un intero genere, come blues o rock’n’roll. Si citava il Maestro siciliano all’inizio, e chi segue Franco riconoscerà immediatamente in “A Habibi Ouajee T’Allel Allaiya” quel campionamento vocale presente all’inizio de “Il ballo del potere”, che qui invece è il materiale melodico principale. “El Medahey” scandisce, a ritmo di tabla, motivi reiterati di lira davvero ipnotici. “Alalilla – About the night” presenta un andamento da salmo responsoriale: una voce femminile solista e un coro di risposta, sostenuti dalle percussioni. Stessa struttura per “Mohamed Diha Utalla Fiha (Take care of Her or Leave Her)”. “The middle of the night” e “Jajouka between the mountains” sono affidate al gimbri, trascinanti come poche musiche. “Sbar Yagelbi Sbar” unisce fiati, corde e voci maschili in una stessa linea melodica, com’è tipico nelle orchestre nordafricane. “Talaha L’badro Alaina”, che chiude il viaggio nella cultura sufi, è un brano diviso fra una parte di soli ghaita, ed un coro di voci maschili senza arrangiamento strumentale. Se le scale arabe marcano la differenza geografica con l’occidente, la struttura di questo canto (e dei “salmi” cantati dalle donne) ricordano chiaramente il medesimo andamento dei canti di chiesa cristiani. Pronti a volteggiare su voi stessi? (Gilberto Ongaro)