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DARIO CONGEDO TRIO  "Don't quit"
   (2020 )

Il terzo disco del batterista e compositore salentino Dario Congedo è un album strumentale che si muove tra jazz contemporaneo europeo e avanguardia nel quale Congedo, coadiuvato da Dorian Dumont e Federico Pecoraro e per la prima volta in trio in studio, dà alla luce otto composizioni introspettive, delicate e dolcissime.

L’album si apre proprio con la title track “Don’t Quit”, una riflessione sulla vita, sulla maturità artistica e sulle proprie ambizioni. Si tratta di un brano malinconico ma aperto, delicato e sinuoso, dove la batteria crea un tappeto sonoro perfetto e interagisce magnificamente con gli altri strumenti. Il jazz è una cura per l’anima: i musicisti coinvolti nel progetto lo mostrano in ogni singolo pezzo. Parliamo di composizioni raffinate e complesse, dove le difficoltà tecniche dell’esecuzioni scompaiono di fronte alla lucidità melodica e ritmica con la quale arrivano all’ascoltatore. Così “The Other Way” e “Never Procristinate Again” costruiscono una scala verso il paradiso e “Precious Light” e “Note a Margine” simboleggiano il percorso stesso di redenzione e di pacificazione dell’anima all’interno di questo viaggio difficile.

Melodia, si diceva, ma anche e soprattutto ritmo, il ritmo soffuso da jazz del Blue Note, con in lontananza le occhiate di chi ha reso unico il genere, da Thelonious Monk a Keith Jarrett, da Dave Brubeck a Cecil Taylor, sono i grandi che hanno ispirato questo intrigante lavoro. Sono tutte “Contradictions”, come recita il titolo di un ottimo brano, le contraddizioni insite all’interno della mente di chi vuole provare a competere con i giganti. E siamo nani sulle loro spalle, si sa, ed è grazie a questa umiltà che il progetto di Dario Congedo e dei suoi compagni di viaggio funziona.

Umiltà, certo, ma anche tanto impegno e tanta oggettiva bravura. Solo così strumenti a fiato, pizzicate di corde, fraseggi di piano e, mai in secondo piano, una batteria clamorosa riescono a convivere e a dar vita a qualcosa di originale, di ambizioso, di nuovo. “Where Nothing Was There Before”, appunto, come dice il titolo di un altro splendido brano, e dove si può cercare di dire la propria anche nel solco di un genere che è difficile rivoluzionare perché sono tanti (per fortuna) i suoi numi tutelari che ci osservano e giudicano. “Open Space”, la chiusura del disco, prova a coniugare la passione, il talento e le contraddizioni, risultando la conclusione perfetta per questo Don’t Quit. (Samuele Conficoni)