recensioni dischi
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ALBERTO LOMBARDI  "Home"
   (2020 )

Alberto Lombardi è un virtuoso della chitarra di fama internazionale, specializzato sia nell’acustica fingerstyle che nell’elettrica rock.

Il rischio nei dischi dei virtuosi è che si trasformino in uno sfoggio di tecnica e abilità varie, uno smulinare di assoli alla lunga noiosi ed a uso e consumo dei soli addetti ai lavori, in questo caso chitarristi dalle unghie lunghe e l’orecchio assoluto.

Ma in questo caso, Alberto Lombardi ci sorprende proponendoci un’opera composta di canzoni ben suonate, ben arrangiate e ben mixate, in cui ogni tanto fa capolino la sua tecnica sopraffina ma senza essere troppo invadente, e senza soffocare le emozioni.

Dicevamo dell’ottimo lavoro effettuato in fase di registrazione e mix, infatti scopriamo che dietro la consolle si cela Bob Clearmountain, un leggendario sound engineer, abituato a legare il proprio nome ad artisti del calibro di Bruce Springsteen, David Bowie, Rolling Stones e Roxy Music, insomma un mostro sacro.

Per cui viene da pensare che ci troviamo di fronte a un lavoro ambizioso, di un’operazione con una missione importante, che consenta al virtuoso chitarrista e session man di fregiarsi anche del titolo di cantautore, con velleità internazionale data la scelta della lingua.

Le ballads che compongono “Home” si muovono in territorio rock blues con un ampio spazio di manovra, che porta talvolta in una zona piu reggaeggiante alla Ben Harper, passando per il funk e arrivando alle schitarrate rock alla Jack White.

Nelle melodia si sente anche una certa italianità, che può essere un valore aggiunto ma che va trattato con molta cautela.

La voce calda, alla Sting, di Alberto rivela subito ottime doti nella prima traccia, la spumeggiante “Rich”.

“Start again”, il singolo dell’album, passa con disinvoltura dal reggae ad una bella apertura beatlesiana, invece “Home”, la title track, inizia con un superbo arpeggio iniziale, per arrivare ad un ritornello un po' ruffianotto e già sentito.

“Tin soldiers” mette in mostra le abilita chitarristiche del protagonista in ambito heavy, “Plastik fantastik” vira invece sul funk alla Living Colour, mentre “Web revolution” torna sulla collaudata formula rock più reggae.

Tutto veramente suonato alla grande, con tanti cambi di dinamica e soluzioni creative che rendono l’ascolto sempre vivo ed interessante.

Alberto mette in mostra tutto il campionario non solo di virtuoso delle sei corde ma anche di arrangiatore, di cantante e di compositore: però, secondo me, manca la traccia che ti stende, quella che ascolteresti duecento volte al giorno, quella che comunica direttamente all’anima.

Il tema è (...io non sopporto quelli che usano dire il tema è): se questo album lo avesse proposto un esordiente, registrandolo con il protools di un amico, saremmo qui a spellarci le mani dagli applausi, ma qui abbiamo un super chitarrista che vuol prendere il patentino da songwriter internazionale, e allora dobbiamo ammettere che l’avvento del nuovo Bruce Springsteen “Born in Italy” è rimandato.

Speriamo solo di poco, siamo fiduciosi. (Lorenzo Montefreddo)