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MARCELLA CARBONI TRIO  "This is not a harp"
   (2020 )

Se io vi dico “arpa”, a cosa pensate? Fiabe, cambi scena onirici, il Valzer dei Fiori? Ecco, qui Marcella Carboni esplora tutto ciò che distanzia questo strumento dai suoi cliché. Difatti l’album firmato dal suo Trio si intitola “This is not a harp”, prendendo spunto dal celebre dipinto di Magritte. Il Marcella Carboni Trio è composto da lei all’arpa, Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. L’arpista si carica di groove in “The treachery of sound”, e il suono è ogm: persino nel glissato, l’arpa (elettroacustica) non suona come farebbe naturalmente. In “Mindful” segue la scala armonica (“araba” per capirci), mentre ne “La follia italiana” inizialmente sembra comportarsi “da arpa”. O meglio, da liuto, perché il brano prende l’aspetto di una ballata medievale, salvo poi trascendere in jazz. In “Resonance” si comporta come Lee Ritenour suonerebbe la chitarra pulita in un suo brano. Ma a dire il vero, anche se Marcella appare come demiurga del progetto, molto spesso è il contrabbasso il protagonista della musica. Esegue molte delle melodie principali, come in “The wheel”, strofinando le corde ne “Il Piccolo Principe”, e nel brano di chiusura “Background noise (so what?)”. Quest’ultimo, quando decolla, mostra una struttura ritmica particolare: una parte con un ritmo in levare à la Police, cambiato poi in un 6/8 sincopato, per finire in un classico swing; e poi ricomincia il giro. E anche quando non melodizza, Dalla Porta si fa notare: nella suddetta “The treachery of sound”, le corde pulsano con un ritmo che ricorda “Watcher of the skies” dei Genesis, solo che è in 4/4. E infine anche Bagnoli alla batteria sperimenta, dall’indefinibile “Time transfixed” alla più regolare “Giulio Libano”. Si sente in reverse su “Decalcomania”, brano atonale che sembra la colonna sonora per uno di quei film sperimentali di Man Ray. Sapore di Novecento si avverte anche in “The false mirror”, dove l’arpa svetta con progressioni da incubo. Ma tornando al batterista, ogni tanto si sente utilizzare il rullante senza cordiera, e soprattutto in “Personal values” ascoltiamo il tintinnio di strani rumori di ferro ed acciaio, mentre le corde del contrabbasso vengono percosse in modo volutamente sgraziato. Ce ne sono di sorprese insomma, in questo consigliato album surrealista! (Gilberto Ongaro)