recensioni dischi
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RUFUS PARTY  "Paradigm volume 1"
   (2020 )

Inizialmente un trio formato da Alessandro Bertolotti, Marco Parmiggiani e Gianluca Lusetti, i Rufus Party da Novellara, provincia di Reggio Emilia, sono oggi un quartetto che propone con incrollabile, appassionata coerenza la propria ricetta a base di ruspante r’n’r dritto e senza orpelli, impastato con blues, garage e vestigia sparse di incalzante alt-folk.

Dagli esordi di fine millennio ad oggi, passando per l’ingresso in formazione del tastierista Samuele Seghi nel 2006, hanno conservato intatte attitudine ed urgenza, attraversando indenni quasi un quarto di secolo grazie alla schietta declinazione del verbo stonesiano, capace di indulgere a ballate più riflessive (la levigata eleganza di “Tightrope ride”) come a certo ruvido roots rock semplice e ben scritto (“The richest of the cemetery”), mai eccessivamente aggressivo né intimamente violento.

I sette brani di “Paradigm volume 1” su etichetta Bluebout seguono di quattro anni e mezzo quel “Connections” che li aveva presentati in grande spolvero grazie anche alla co-produzione di Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut): anche senza una “Entity” o una “Death of an indie chick”, quelle di “Paradigm” sono canzoni essenziali che navigano in una comfort zone di tutto rispetto, dal languore laid back di “You don’t know me at all” alle suggestioni west coast che agitano in un lento, graduale crescendo i sei minuti di “Just remember”, dalle scosse di una nervosa “Can’t deny” fino alla chiusa dolcemente dimessa di “Mad days” con una slide che sa di polvere e nostalgia.

E’ la firma in calce di una band eterna ed immarcescibile, il morbido commiato di un disco che rappresenta il suggello ad oltre vent’anni di defilata, encomiabile carriera. (Manuel Maverna)