recensioni dischi
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OLIVER COATES  "Skins n slime"
   (2020 )

“Skins n slime” di Oliver Coates, appena uscito per RVNG Intl., è musica densa e liquida: sembra di raccoglierla dal fiume, tra la foschia, mista a terra. Il violoncello, effettato con distorsioni, riverberi e delay come una chitarra elettrica, evoca una drone music che qualcuno ha definito “ambient metal”. Le prime 5 tracce sono un unico racconto: “Caregiver”. Nella parte 1 (“Breathing”), i loop si susseguono uno dopo l’altro, creando un dialogo tra diverse ossessioni. Parte 2 e 5 (“4am” e “Money”) sono iper sature: il suono è distorto a tal punto da grattare sulle cuffie. La parte 3 (“Slorki”) viene interrotta all’improvviso da rumori di carta e plastica strofinata. La parte 4 (“Spirit”) avvia un giro armonico, cosa insolita in un contesto così “aperto”, dove un fischio tesse una melodia misteriosa e malinconica. Dopo di questo quintetto di brani, il violoncello distorto prosegue i suoi esperimenti in “Philomena mutation (from The Bird Game soundtrack)”, “Reunification 2018” e “Still life”; in “Butoh baby”, la melodia principale si sdoppia all’ottava superiore, con un leggero ritardo che sembra un fantasma appiccicato. Ma è con “Honey” che si apre il cuore: i loop sono orchestrazioni, larghe, e gradualmente ed interamente distorte. Una sorta di post rock per violoncello; è una vecchia foto a cui tieni, che prende fuoco, e la guardi incenerirsi. Infine, per “Soaring X” l’arco trema su note acute, mentre l’ospite Malibu recita con voce tenue. È proprio bello perdersi, qui. (Gilberto Ongaro)