recensioni dischi
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OZONE PARK  "Planetarium"
   (2020 )

Gli Ozone Park sono un super progetto sardo, nato nel 2016 durante un viaggio a New York. Propongono un progressive sperimentale, dalle tinte post rock. Dopo le tematiche jazz fusion complesse, affrontate in ''Fusion Rebirth'', il primo sorprendente lavoro in studio, tornano sulle scene con questa nuova perla ''Planetarium''. Dove i viaggi cosmici si incastrano al sound maturo e più tecnico. Ogni composizione di questo lavoro cerca di spaziare nei vari stili musicali, che la band cura fino ai minini dettagli, con uno studio enorme e preciso. All’interno troviamo anche una linea vocale inserita in due tracce molto suggestive, il gruppo si culla lentamente sulle strutture melodiche e di notevole fattura.

Il disco si apre con “Shuttle A440hz”: i chiari riferimenti al prog anni '70 sono evidenti, dove un synth spaziale spinge il suono su un pianeta lontano e misterioso. Un groove di basso completa tutta la parte matematica, che troviamo al suo interno. A seguire “Shuttle A442hz”: quì la cavalcata ritmata/noise toglie il respiro, rallenta nel bridge centrale, per poi esplodere nel finale con una chitarra che scandisce i suoi intervalli irregolari. La geniale “Kosmos” ci porta all’orecchio i lavori sperimentali di band come Yes e Genesis. La band si gode il momento e la sua grande sicurezza tecnica, senza perdere un colpo. “Bingo Vegas” mette i brividi lungo la schiena, il suo pianoforte spaziale va di pari passo alla linea vocale, con un testo abbastanza grottesco, ma essenziale.

Nelle tracce “Rockambolascion” e “Nebula” ascoltiamo tutto il valore tecnico del progetto, in fase di studio, con i diversi stili personali, che vengono inseriti nei cambi. Troviamo una sorta di jazz/bossanova molto interessante, il pianoforte fa gran parte del lavoro e il sound cresce di ampiezza. Chiudiamo con “Pianeta 9”: un testo demenziale, stile Elio e Le Storie Tese dei primi lavori, avvolge l’effettistica complessa di sottofondo. Nel vortice creato dal synth, la traccia si perde e manca un po' di mordente. Nel complesso un bel disco space rock, che trascina l’ascoltatore in un viaggio allucinante, complesso, ma di notevole fattura. (Simone Catena)