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BEPPE CUNICO  "Passion, love, heart & soul"
   (2020 )

Diciamo la verità: l’apparenza inganna, anche stavolta. Intitolare un album “Passion, love, heart & soul”, passione, amore, cuore e anima, può trarre in inganno i più schizzinosi. Fermandosi alle parole, la prima impressione è che stai per ascoltare qualcosa di stucchevole e retorico. Poi fai partire la prima canzone di quest’album, “The beginning”, che ti spettina anche se sei pelato come il sottoscritto, e assieme ai capelli volano via tutti i dubbi. Nove minuti monumentali! Non trovo informazioni su quanti siano nella band a suonare, o se Beppe Cunico abbia inciso tutto da solo (essendo pure produttore esperto potrebbe anche essere), ma sembra che siano in venti a suonare. E ogni singolo momento di questo suo disco suona gigante. Nel senso proprio delle dimensioni fisiche, sembra di assistere a qualcosa di enorme, come un concerto dei Pink Floyd maturi, quelli con lo schermo tondo dietro e gli effetti 3D. Nonostante la ricchezza di arrangiamenti, tra organi festosi, assoli synth felici e chitarre elettriche allegre, si sente tutto bene, pure la chitarra acustica sottostante è evidente. Si sente tutto l’entusiasmo per la musica, davvero, non per finta, anche nelle scelte armoniche. Quasi tutto in tonalità maggiore, con cambi armonici da fantasy, crescendo vocali e corali come in “Reinvent yourself”. Come da tradizione prog, ogni tanto ci son scherzi sui tempi, come un alternato tra 6/8 e 4/4, ma non sono così marcati da sembrare scolastici, tanto per farli, anzi, è tutto molto naturale. “An evening with Steven Wilson” non segue il cliché che vorrebbe il fondatore dei Porcupine Tree sempre triste e depresso. Grandi emozioni anche per i “Silent heroes”, brano dedicato agli eroi silenziosi che salvarono il mondo durante il disastro di Chernobyl. I primi due minuti di “Above the stars” concedono un attimo di pausa, un po’ di pacatezza tra suoni leggeri e delay di chitarra, per poi cantare di nuovo con la convinzione di Roger Waters, e un refrain carico di ottimismo. E così si continua, tra le gioie di “Growing and fighting” e di “One special day”, con una parte solista di chitarra à la Genesis. “Unleash the beauty”, con la sua consapevole bellezza sonora, vuole anche essere una concreta dimostrazione che una via diversa alla produzione musicale è possibile: si può ancora produrre musica con gusto e qualità. Ed è un messaggio rivolto a chi la musica da anni l’ha sottomessa a meccanismi deleteri di gelidi calcoli industriali, che sono lontani anni luce sia dall’esigenza di espressività, che anche dal giustificabile bisogno “di mangiare” degli artisti. In questo brano a un certo punto, tornano i due accordi che avevano fatto avviare “The beginning” all’inizio: un desiderio di concept c’è sempre in chi fa prog rock. La ritmica di basso caratterizza “I wanna play” per entrare in una nuova festa, ma a metà un ponte in tonalità minore dà un piccolo momento di tensione drammaticità, poi smorzato dal ritorno in maggiore con l’assolo di chitarra e batteria dimezzata di tempo. L’ultimo sguardo al mondo arriva con il conclusivo “And then comes”: un pezzo che, citando sempre i Pink Floyd, sembra voglia insegnare a volare. Vibrazioni positive come non se ne sentono in giro ultimamente. Dunque, Beppe Cunico esordisce davvero con passione, amore, cuore e anima, e senza retorica alcuna. La musica è viscerale, e conquisterà subito i passionali. (Gilberto Ongaro)